IRAQ: Falluja in mano alla resistenza

Redazione di Operai Contro, la resistenza Irakena contro l’occupazione americana non è mai terminata. Il governo di Baghdad ha perso il controllo di Falluja, ora nelle mani dei parigiani, Le truppe USA avevano compiuto stragi della popolazione per impossessarsi di Falluja. Bombardamenti con armi chimiche della città La realtà è che gli USA dovranno scappare dall’Iraq e dall’Afghanistan Un lettore Riporto un vecchio articolo del fatto quotidiano Sei in: Il Fatto Quotidiano > Mondo > Il massacro ame… Il massacro americano di Falluja ha avuto conseguenza peggiori anche di Hiroshima Uno studio americano rivela come dopo i bombardamenti le percentuali di tumori sono aumentati esponenzialmente, segno […]
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Redazione di Operai Contro,

la resistenza Irakena contro l’occupazione americana non è mai terminata.

Il governo di Baghdad ha perso il controllo di Falluja, ora nelle mani dei parigiani,

Le truppe USA avevano compiuto stragi della popolazione per impossessarsi di Falluja.

Bombardamenti con armi chimiche della città

La realtà è che gli USA dovranno scappare dall’Iraq e dall’Afghanistan

Un lettore

Riporto un vecchio articolo del fatto quotidiano

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Mondo > Il massacro ame…

Il massacro americano di Falluja ha avuto conseguenza peggiori anche di Hiroshima

Uno studio americano rivela come dopo i bombardamenti le percentuali di tumori sono aumentati esponenzialmente, segno che furono usate armi chimiche

Il nome, basta quello. Hiroshima, prima città a subire un bombardamento nucleare, è nella memoria del mondo sinonimo dell’orrore della guerra. E basta citarne il nome per evocare uno strazio che lascia senza parole. Per questo quel nome viene fatto sempre con cautela. Per questo fa ancora più impressione leggere che c’è una battaglia, avvenuta 59 anni dopo il lancio dell’atomica sulla città giapponese, le cui conseguenze sono “peggiori di quelle di Hiroshima”. Peggiori di quelle di un disastro nucleare.

Uno studio rivela infatti che a Falluja, in Iraq – teatro, nel 2004, di due offensive dei marines americani – la percentuale di tumori è cresciuta di 4 volte, quella di cancro nei bambini di 12 volte, quella di leucemia di 38 volte, la mortalità infantile è di 80 bambini su 1.000 nascite (contro i 17 nella confinante Giordania e 9,7 in Kuwait), le malformazioni infantili sono in costante aumento (una bimba è nata con due teste, altri con gli arti malformati o paralizzati). Solo per fare un paragone, a Hiroshima la percentuale di leucemia salì di 17 volte dopo il bombardamento nucleare. Secondo il dottor Chris Busby, professore dell’Università dell’Ulster e co-autore, insieme ai dottori Malak Hamdan e Entesar Ariabidella ricerca (intitolata “Cancro, mortalità infantile e rapporto tra sessi alla nascita a Falluja – 2005-2009” e pubblicata sul Journal of Environmental Studies and Public Health di Basilea), le varianti di cancro individuate a Falluja sono “simili a quelle riscontrate a Hiroshima, tra i sopravvissuti esposti a radiazioni ionizzanti della bomba e all’uranio del “fallout” (la ricaduta di sostanze tossiche al suolo dopo l’esplosione)”.

Lo studio – condotto su 4.800 persone tra gennaio e febbraio di quest’anno – ha mostrato anche che il rapporto percentuale tra maschi e femmine è variato molto, dopo l’attacco, arrivando a 850 bambini nati ogni 1000 femmine. Il rapporto maschi-femmine è un indicatore dei Danni genetici, che colpiscono più i maschi delle femmine. E una variazione simile è stata riscontrata – ancora una volta – a Hiroshima.

Secondo il dottor Busby è difficile individuare con certezza una causa dietro a questi dati. Ma “per produrre un effetto del genere”, ha detto, “dev’essersi verificata una notevole esposizione a agenti tossici e mutogeni ne 2004, quando avvenne l’attacco”. Ecco, l’attacco. I marines assediarono e bombardarono Falluja nell’aprile di 6 anni fa, dopo che 4 dipendenti della compagnia di sicurezza Blackwater furono uccisi e i loro corpi bruciati e portati per la città. Dopo 8 mesi di stallo nelle operazioni, i Marines decisero di usare l’artiglieria e i bombardamenti aerei per piegare la resistenza. Utilizzando armi legali, fu detto. Prima che si scoprisse dell’uso del fosforo bianco, in grado di bruciare, a contatto con l’aria, pelle e carne su cui si deposita: un’arma illegale, in campi di guerra densamente popolati come una città. E ora il dubbio è “che siano state usate anche armi contenenti uranio, in qualche forma”, dice il dottor Busby.

I militari britannici, che affiancarono gli americani durante l’assalto, rimsaero esterrefatti notando il volume di fuoco impiegato per l’operazione. Falluja venne considerata una zona sulla quale poter sparare liberamente: “In una sola notte vennero lanciati 40 colpi di artiglieria pesante su un singolo settore della città”, ricorda il brigadiere Nigel Aylwin-Foster. Il comandante che ordinò quell’uso devastante di munizioni non lo considerò rilevante, tanto da non menzionarlo nemmeno nel rapporto al comandante delle truppe Usa. Dal 2007 in poi, gli Usa hanno messo in campo nuove strategie per l’assalto ad aree popolate, riducendo la potenza di fuoco. Ma la mancanza di cure a Falluja è continuata ben oltre quel drammatico novembre 2004. Gli ospedali sono stati ricostruiti lentamente, la ente aveva paura ad andare fino a Baghdad – a meno di 50 chilometri di distanza. E così i bimbi hanno continuato a nascere malformati, ammalarsi di cancro e morire, nella Hiroshima del Medio Oriente.

http://ildocumento.it/diritti-umani/fallujah-la-strage-nascosta.html

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4 Comments

  1. campagnadiprimavera

    Chi va a comandare in casa d’altri,prima o poi, o scappa di sua iniziativa o viene preso a pedate nel culo. Gli yankees dovrebbero saperlo da tempo ma sembra che la storia, dalle parti dello studio ovale, non sia tenuta nella dovuta considerazione.
    Viva la resistenza del popolo iracheno.

  2. Ercole2

    Tipico commento da nazionalista dimentichi che la società è divisa in classi sociali (resistenza del popolo irakeno ) non mi pare che sia guidata dal proletariato con il fine di abbattere il capitalismo,da chi è armato ,chi lo guida,con quale programma , quale strategia , :forse è il caso che cominci a leggerti dall’ABC del Marxismo -Leninismo …….

  3. campagnadiprimavera

    Il nemico del mio nemico è (tatticamente) il mio amico. Da profondo studioso del marxismo-leninismo, mi sembra inutile dirti chi l’ha pronunciato. Quindi: prima buttiamo fuori i fantocci messi su dagli USA e poi le classi (e le rispettive strutture organizzate) se la vedranno fra loro.

  4. BANKROBBER

    “Il Parteivorstand, Kautsky, Plekhanov e soci sottoscrivono a due mani il programma nazionale del compagno Parabellum, o piuttosto la sua assicurazione: “noi siamo contro le annessioni”, precisamente perché questo programma non smaschera i socialpatrioti imperanti.
    Questo programma lo sottoscriverebbero anche i pacifisti borghesi. L’eccellente programma generale di Parabellum (“lotta rivoluzionaria di massa contro il capitalismo”) gli serve (come ai proudhoniani nel decennio 1860-1870 ) non per elaborare, corrispondentemente ad esso, secondo il suo spirito, un programma intransigente e altrettanto rivoluzionario sulla questione nazionale, ma per sgombrare il terreno, in questo campo, ai socialpatrioti.
    Nella nostra epoca imperialista, la maggioranza dei socialisti del mondo appartiene alle nazioni che opprimono altre nazioni e che tendono ad estendere questa oppressione. Perciò la nostra “lotta contro le annessioni” resterà senza contenuto, non sarà affatto temibile per i socialpatrioti, se non dichiareremo: il socialista di una nazione dominante, il quale, sia in tempo di pace che in tempo di guerra, non svolge la propaganda per la libertà delle nazioni oppresse di separarsi, non è un socialista, un internazionalista, ma uno sciovinista! Il socialista di una nazione dominante che non svolge questa propaganda malgrado i divieti dei governi, vale a dire nella stampa libera, cioè nella stampa illegale, è un fautore ipocrita dell’eguaglianza delle nazioni!”

    Il proletariato rivoluzionario e il diritto dei popoli all’autodeterminazione. 

    Lenin, ottobre 1915.