OM: CHIUDE IL PRESIDIO, PUGNALATO ALLE SPALLE DAI SINDACATI

Redazione di Operai Contro Gli operai, presi per stanchezza e sfiducia in se stessi, non accettano l’accordo firmato con la multinazionale Kion “I sindacalisti ci hanno venduto per l’ultima volta e per sempre. Con noi questi mercenari al servizio dei padroni hanno finito lo sporco lavoro per il quale vengono ben pagati. È quasi una liberazione non dover avere più a che fare con questi banditi, autentici sicari che ci hanno più volte colpito vigliaccamente alle spalle. Spero solo che operai di altre fabbriche siano più bravi di noi e diano loro la lezione che meritano”. Antonio, le mani […]
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Redazione di Operai Contro

Gli operai, presi per stanchezza e sfiducia in se stessi, non accettano l’accordo firmato con la multinazionale Kion

“I sindacalisti ci hanno venduto per l’ultima volta e per sempre. Con noi questi mercenari al servizio dei padroni hanno finito lo sporco lavoro per il quale vengono ben pagati. È quasi una liberazione non dover avere più a che fare con questi banditi, autentici sicari che ci hanno più volte colpito vigliaccamente alle spalle. Spero solo che operai di altre fabbriche siano più bravi di noi e diano loro la lezione che meritano”.

Antonio, le mani chiuse a pugno in tasca, la testa serrata nel bavero del giubbotto per difendere il collo dal vento rigido che soffia nei nudi viali della zona industriale di Bari, guarda con rabbia e mestizia gli altri operai che smontano di corsa il doppio gazebo che è stato per sette lunghi mesi il presidio davanti all’Om Carrelli elevatori. “Non me la sento di dare una mano a smontare quella che è stata la nostra casa per tanto tempo. Mi sembra come ammazzare un padre, un figlio, un amico. Non doveva finire così, i sindacati ci hanno portato coscientemente alla sconfitta”.

 

È vero che nelle ultime settimane il numero degli operai al presidio si era rarefatto, due-tre per turno, raramente di più, aggiunge Enzo. “È vero che andavamo avanti a singhiozzo e che al punto in cui eravamo arrivati la chiusura del presidio sembrava ormai naturale. Ma siamo giunti a questo punto perché i sindacati ci hanno boicottati sin dall’inizio: il 5 luglio 2011, alla notizia della chiusura, quando noi operai eravamo fuori dalla fabbrica a cercare di capire che cosa stesse accadendto e come reagire, proposi di occuparla per dare un segnale forte; allora un burocrate sindacale mi bloccò e mi disse: “Tu sei fermo al passato! Le occupazioni non si fanno più, ora si discute”. Fu così che quel burocrate mi mise contro gli altri operai e frenò sin dall’inizio la nostra lotta. Ora lui si gode una bella pensione, io non so che cosa devo mettere in tavola! E come me tutti gli altri operai del presidio”.

 

L’accordo per chiudere il presidio e darla vinta alla multinazionale Kion i sindacati lo cercavano da tempo, continua Antonio. “Hanno cercato in continuazione di spegnere la nostra combattività, di demolire la nostra forza. O ignorandoci o mettendoci di faccia alle difficoltà della gestione del presidio con frasi tipo “ma chi ve lo fa fare”, come se tali difficoltà non le conoscessimo. Così hanno seminato sconforto, rassegnazione, apatia. Hanno esaltato difetti che noi operai ci portiamo dietro, hanno indebolito il nostro entusiasmo, hanno spezzato il nostro slancio. Sotto tale spinte parecchi operai hanno abbandonato il presidio alla ricerca della soluzione personale, di qualche lavoretto per arrotondare la cassa integrazione, hanno fatto prevalere l’illusione di perseguire l’immediato interesse personale su quello collettivo di lottare insieme per mantenere il posto di lavoro e non darla vinta ai padroni. Venuta meno pian pano la fiducia in noi stessi, nella nostra forza, nella validità della nostra lotta, siamo crollati».

 

Ma di questo crollo, conclude Enzo, sono responsabili in primo luogo i sindacalisti venduti, sia quelli esterni sia alcune Rsu che si sono defilate o si sono letteralmente vendute ai padroni. “Approfittando della nostra debolezza e malgrado noi operai non fossimo tutti d’accordo, i sindacati metalmeccanici provinciali di Bari di Fim, Uilm e Ugl hanno firmato l’accordo che smobilita il presidio e fa ritornare la Kion in possesso dei 250 carrelli e dei macchinari; la Fiom Cgil non ha firmato, si è lavata le mani di noi! Avevano così fretta di chiudere la questione Om che non hanno nemmeno cercato di far allungare i termini della cassa integrazione a fine dicembre 2014. Così dal primo luglio 2014 saremo in mobilità, licenziati. Ognuno di noi si arrangerà come potrà. Certo, la responsabilità è anche nostra: non siamo stati tanto uniti, forti e determinati come avremmo dovuto essere. In fondo eravamo impreparati, abbiamo fatto il massimo nelle nostre condizioni. Ma la nostra sconfitta sia di monito e di esempio agli altri operai che si trovano o si troveranno nella stessa situazione. Non date fiducia a sindacalisti e politici: siate forti e contate solo sulle vostre forze”.

 

SALUTI OPERAI DALLA PUGLIA

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