RENZI IL NUOVO CHE AVANZA

Gentile direttore di Operai Contro, sono un pensionato  romano di 68 anni, ho fatto il tipografo per tutta la mia vita lavorativa, con tutto ciò che ne consegue  dal punto di vista della salute. Vivo in affitto con una pensione di 800 euro mensili Ti scrivo sperando che vorrai pubblicare quel. lo che penso di Renzi e dei suoi pari I padroni o la borghesia, come si usava dire una volta, e non faccio distinzione di schieramento padronale di destra o sinistra, vogliono una classe dirigente che sia adatta alla fase, alla congiuntura attuale di crisi. Un Epifani, ormai vicino […]
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Gentile direttore di Operai Contro,
sono un pensionato  romano di 68 anni, ho fatto il tipografo per tutta la mia vita lavorativa, con tutto ciò che ne consegue  dal punto di vista della salute.
Vivo in affitto con una pensione di 800 euro mensili
Ti scrivo sperando che vorrai pubblicare quel.
lo che penso di Renzi e dei suoi pari
I padroni o la borghesia, come si usava dire una volta, e non faccio distinzione di schieramento padronale di destra o sinistra, vogliono una classe dirigente che sia adatta alla fase, alla congiuntura attuale di crisi.
Un Epifani, ormai vicino alla pensione, con il suo servile  passato,  è una garanzia  nel senso che ha fatto gli interessi dei padroni per tutta la sua vita ….. diciamo pure lavorativa, ma solo una garanzia di transizione. Renzi il manichino di Firenze è una garanzia per il futuro, il tentativo di un modo  neanche  tanto nuovo di fottere gli operai. Dovere del Partito degli Operai è fottere Renzi  e coloro che ne hanno garantito l’ascesa: i padroni!
ti mando di seguito un articolo interessante.
Saluti operai da un pensionato incazzato di Roma

I POTERI FORTI HANNO TROVATO IL NUOVO BERLUSCONI

DI GIULIO SAPELLI

Mentre scrivo queste note si svolgono le primarie del Pd. Un fenomeno solo
italiano. Voteranno per i tre candidati in corsa tutti coloro che vorranno,
dopo aver versato una piccola somma. È la prima volta nella storia mondiale dei
partiti in cui un segretario di partito viene eletto da iscritti e non
iscritti, financo da persone che non condividono le idee dei candidati. Ciò
nonostante votano, certi di dare in questo modo un contributo alla visione che
hanno della dislocazione delle forze politiche in campo a livello nazionale.

È il voto non per qualcuno ma contro qualcun altro. Fenomeno che di solito
accade nelle votazioni politiche, ma che non è mai avvenuto nella dinamica
interna alla definizione delle cariche  di un partito. Altro primato italiano.

Naturalmente questo fenomeno disvela qualcosa del rapporto tra istituzioni e
macchina dei partiti. La scienza politica classica, ossia quella che inizia con
Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca e raggiunge poi i suoi vertici con i lavori di
Roberto Michels e di Moisei Ostrogorsky, poneva al centro della delineazione
del sistema e della società politica le macchine dei partiti. Per comprendere
il funzionamento sia della partecipazione politica sia dei meccanismi
decisionali, secondo questa scuola bisognava e bisogna partire dai partiti. La
politologia che invece si è affermata dopo gli anni Cinquanta del Novecento,
con poche eccezioni, tra cui ricordo il compianto Paolo Farneti, Theodor Lowy e
Mauro Calise, pone invece al centro i sistemi elettorali. Sono questi ultimi a
determinare la meccanica dei sistemi istituzionali e della stessa
partecipazione politica.

Aristotelicamente, per la politologia moderna, i partiti sono accidente e non
sostanza. Che invece i partiti siano sostanza e non accidente lo dimostra
quanto sta capitando in Italia. Il Pd è diventato il punto archetipale della
vita istituzionale. Anche qui un primato italiano alla faccia di qualsivoglia
Costituzione. Il presidente della Repubblica convoca il primo ministro Letta
per prender visione della situazione creatasi con la scissione e la scomparsa
di Forza Italia e Popolo delle Libertà. Il presidente della Repubblica avrebbe
dovuto chiamare subito il primo ministro seguendo le pratiche istituzionali.
Ciò non è stato fatto. Si è atteso che si disvelasse l’esito delle primarie del
Pd. Questo non ha suscitato nessuno scandalo e soprattutto non lo ha suscitato
nell’establishment, piccolo (come lo chiama Ludovico Festa) o grande che dir si
voglia (come non lo chiama più nessuno perché l’establishment grande non è
più).

Il problema è proprio questo: si svolgono le primarie di un partito i cui
candidati a segretario hanno piattaforme sostanzialmente o indistinte o
sovrapponentesi oppure che si differenziano per differenti opinioni su segmenti
specifici dell’agenda politica, oppure ancora per l’evocazione mitologica di un
passato che alcuni vorrebbero conservare (Cuperlo) (1) altri vorrebbero
rinnovare senza rinnegarlo (Civati) (2) altri ancora lo rinnegano decisamente e
a esso sostituiscono la vulgata neoliberista in salsa moderata (Renzi) (3) .

Il vincitore delle primarie sarà senza dubbio quest’ultimo. Il perché è
chiaro. Eredita i morfemi, ossia la sintassi semantica, del ventennio
berlusconiano: leader, invece che élite, decisionismo invece che tattica e
compromesso, medializzazione e sondaggizzazione invece che pedagogia,
competizione invece che comunione, etc. etc. E poi ha soprattutto l’appoggio
dell’establishment, con forti agganci e sostegni nella finanza internazionale,
nei ceti medio-colti, nell’alta burocrazia dello Stato la quale sa bene che can
che abbaia non morde. La mia previsione è che difficilmente la vittoria che si
profila non avrà ripercussioni nel partito. Infatti nel sistema politico
italiano è iniziata un’era di disintegrazione, come già è stato reso evidente
nelle vicende del Pdl. Credo che tale disgregazione continuerà pure nel Pd,
anche se con forme meno eclatanti e sostanzialmente avversate
dall’establishment a differenza di quanto è avvenuto nel Pdl.

Perché l’establishment da tempo vuol farla finita con Berlusconi. Per questo
non si può fare una nuova legge elettorale e deve pronunciarsi la Corte
costituzionale, intervenendo persino sulle preferenze! Infatti, sono i partiti
a dar vita alle leggi che li preformano e non viceversa. Se non vogliono farlo,
non ci sarà nessuna legge elettorale, come hanno dimostrato questi anni di
porcellum. Una bella conferma della scuola classica della scienza politica, non
c’è che dire. È il colmo per un rottamatore!

Giulio Sapelli
Fonte: www.ilsussidiario.net

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