SICILIA, ALTRE MORTI PER IL PROFITTO.

Quest’estate a Nicosia (Enna), il 4 agosto, una donna partoriente di quaranta anni, è morta in seguito alle complicanze del parto, tra l’altro il bambino che portava in grembo era già morto da qualche tempo. La notizia, per diverso tempo, ha cavalcato la ribalta della stampa e dei media, sia nazionali sia locali. Certo dal punto di vista giornalistico la notizia è ghiotta, una donna muore per una serie di circostanze sfortunate: i posti in rianimazione degli ospedali del territorio che non ci sono, il primo elicottero di soccorso che ha un’avaria e costringe a ricorrere a un altro […]
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Quest’estate a Nicosia (Enna), il 4 agosto, una donna partoriente di quaranta anni, è morta in seguito alle complicanze del parto, tra l’altro il bambino che portava in grembo era già morto da qualche tempo. La notizia, per diverso tempo, ha cavalcato la ribalta della stampa e dei media, sia nazionali sia locali. Certo dal punto di vista giornalistico la notizia è ghiotta, una donna muore per una serie di circostanze sfortunate: i posti in rianimazione degli ospedali del territorio che non ci sono, il primo elicottero di soccorso che ha un’avaria e costringe a ricorrere a un altro elisoccorso proveniente dall’altra parte dell’Isola. Tempo prezioso che scorre, la donna muore durante il trasporto. La chiave di lettura che passa, tra le righe, della vicenda: la sorte si è accanita contro questa poverina. Sono notizie “mordi e fuggi”, vicende che vengono, apparentemente, sviscerate, si spendono fiumi di parole nei salotti buoni, ma dopo un po’ di tempo ci si dimentica di tutto. Sta, di fatto, però che nel 2013 una donna muore perché ha dovuto aspettare delle ore prima di essere adeguatamente soccorsa, perché nel territorio mancavano le adeguate strutture di soccorso, il resto sono chiacchiere inutili. Intanto la magistratura ha aperto un’inchiesta per accertare le responsabilità ma contro chi agirà, di chi sono le responsabilità di questa (e) morte? Questo è il punto, le reali responsabilità dei fatti accaduti che nessun giudice può avvallare! Allora, se proprio si devono individuare dei colpevoli, bisogna cercarli tra chi ha imposto un’assurda ristrutturazione della sanità siciliana che non tiene minimamente conto del territorio. Al solito gli sperperi e gli arricchimenti avvengono a carico dei soliti, i risparmi, però, avvengono alle spalle dei poveri cristi! Così nel territorio ennese rimangono solo due punti nascita e solo un centro di rianimazione, per un bacino di utenza di circa 180 mila abitanti, disseminati tra paesini distanti tra loro decine di kilometri, con strade tortuose e spesso sconnesse. Prima di questo episodio , infatti, c’è stato un caso di una donna che ha partorito durante il trasporto da un paese vicino verso un punto nascita di Nicosia!

In realtà la spesa sanitaria elevata è una delle più profonde contraddizioni di questa società in declino; ogni regione italiana spende l’ottanta per cento del proprio bilancio in spese sanitarie, la spesa globale nazionale ammonta a circa ottocento miliardi di Euro! È colpa dei cittadini se si ammalano di malattie cardiocircolatorie, di tumori, allergie e altre patologie dovute all’assunzione di cibi non sani, acqua contaminata, o se respirano aria inquinata? Basterebbe garantire una migliore qualità della vita per abbattere i costi sanitari, garantendo in questo modo i servizi sul territorio! Perché non si proibisce l’uso dei pesticidi degli additivi e di tutte le altre sostanze tossiche che si ritrovano nei cibi, nell’ acqua e nell’aria? Figuriamoci, ciò significherebbe ridurre i profitti, nel nostro sistema   economico la difesa del profitto conta più della vita delle persone. Allora anche la donna (e il bambino) morti a Nicosia sono state sacrificate per il profitto, al pari delle morti bianche o degli immigrati che annegano in mare. Anche queste morti bisogna metterle nel conto da far pagare ai padroni.

PIERO DEMARCO 

 

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