Egitto, le guerre non sono mai ideologiche. Ma sempre e solo di potere

PER IL DIBATTITO di Loretta Napoleoni | 18 agosto 2013   La storia si ripete, questo il triste bilancio dell’ondata di violenza che si è abbattuta sull’Egitto. L’umanità ha la memoria corta ed incappa spesso negli stessi errori, ecco una spiegazione a carattere antropologico del perché questa nazione sta per entrare  nel medesimo campo minato dal quale la Siria non riesce ad uscire da almeno due anni. Di chi la colpa? Il coro ‘democratico’ che si alza dalle capitali occidentali sostiene che il copione è della moderna al Qaeda, rinata dalle ceneri di quella vecchia ed alleatasi con i partiti islamici come la Fratellanza Mussulmana; […]
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PER IL DIBATTITO

La storia si ripete, questo il triste bilancio dell’ondata di violenza che si è abbattuta sull’Egitto. L’umanità ha la memoria corta ed incappa spesso negli stessi errori, ecco una spiegazione a carattere antropologico del perché questa nazione sta per entrare  nel medesimo campo minato dal quale la Siria non riesce ad uscire da almeno due anni. Di chi la colpa?

Il coro ‘democratico’ che si alza dalle capitali occidentali sostiene che il copione è della moderna al Qaeda, rinata dalle ceneri di quella vecchia ed alleatasi con i partiti islamici come la Fratellanza Mussulmana; un’al Qaeda senza Osama bin Laden e che possiede nuove icone ‘locali’, tutte sparpagliate nei punti nevralgici del medio oriente. Il regista di questa pellicola è Al Zawahiri, il medico egiziano teorico della moderna jihad, ex numero due di al Qaeda, oggi guida incontrastata delle vecchia e nuova guardia.

Non è facile analizzare ciò che davvero sta accadendo nel mondo arabo, di certo la versione della rinascita di al Qaeda lascia molto a desiderare. Piuttosto le difficoltà di interpretazione nascono dal fatto che questo nuovo bagno di sangue fratricida presenta tanti, troppi paralleli politici con il passato prossimo e remoto post-bellico. E vale la pena menzionarne i più inquietanti.

Come ai tempi dalla guerra fredda viene riproposto il modello di scontro dicotomico trademocrazia e totalitarismo, che tradotto in termini occidentali significa tra bene e male. In Egitto, come in Siria, i ribelli sono democratici, e quindi buoni, e fino a qui nessuno ha nulla da obiettare, ma mentre nella seconda nazione i militari difendono lo statu quo, nella prima l’esercito fa l’opposto e combatte il totalitarismo islamico con l’arma del colpo di stato. Di esempi di regimi militari ‘buoni’, e quindi ‘amici’ dell’occidente, ce ne sono tanti, da quello di Pinochet a quello dell’esercito algerino nel 1992, i bilanci però della difesa della democrazia con la canna del fucile sono tutti stati scritti con il sangue. Ma anche quelli dei ‘cattivi’ o ‘amici’ del comunismo sovietico o dell’attuale Russia, come il regime siriano, hanno fatto uso dello stesso inchiostro.

Già viste in questo reality dell’horror di politica internazionale sono anche le scene dell’ipocrisia delle super-potenze, un tempo solo due ed oggi più copiose. L’America di Obama che subito dopo il colpo di stato in Egitto lancia l’allerta contro al Qaeda e chiude la maggior parte delle ambasciate nel Medio Oriente è la stessa nazione che prima delle elezioni incoraggiava le forze di coalizione a negoziare un trattato di pace con i Talebani, alleati di al Qaeda e protettori di al Zawahiri. Vecchio è anche il cameo di Edward Swnoden, spia americana protetta dal nemico moscovita, che viene inserito a forza nel carnaio medio orientale grazie al mantra della sicurezza assoluta dalla minaccia presente di al Qaeda, che il presidente Obama può garantire solo spiando il resto del mondo. Comportamenti analoghi si riscontrano a Mosca ed a Pechino che giocano al gatto ed alla volpe con Washington  sulla pelle dei Siriani.

Più che la storia si ripete bisognerebbe scrivere che questa pellicola l’abbiamo già vista non 100 o 1000 ma almeno un milione di volte e che se nessuno se ne è ancora accorto allora la situazione è ben peggiore di quanto si pensi. Durante la guerra fredda la partita a scacchi tra le due super-potenze si giocava nelle rispettive periferie, Sud America e Sud Est asiatico, oggi quella tra le nuove super-potenze si gioca in Medio Oriente. E come negli anni sessanta e settanta, le pedine sono i giovani nati dall’eccezionale esplosione demografica di queste regioni.

Le ideologie contano poco, sono solo lo specchietto per le allodole dell’opinione pubblica, la posta in gioco non è mai ideologica è sempre e solo di potere. Allende come Morsi come il Fronte di Liberazione Islamico algerino furono eletti democraticamente e deposti con colpi di stato militari senza neppure provare ad usare gli strumenti democratici per far opposizione interna. Basta questo per farci riflettere su quel tipo di democrazia che piace solo quando è nelle mani delle élite ‘giuste’.

Certo noi italiani dovremmo essere tra i pochi ad accorgerci che la pellicola è vecchissima perché in fondo è nei nostri studi che sono state girate alcune delle scene che da più di mezzo secolo ci vengono riproposte: quelle della democrazia bloccata che ci ha regalato 35 anni di DC e più di due ventenni di Berlusconismo, senza parlare poi della dittatura fascista. Ma gli italiani come la maggior parte degli abitanti del villaggio globale oltre ad avere la memoria corta ormai sono anche sordi e mezzi ciechi.

 

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