DISOCCUPATI

Stando ai dati storici dell’ISTAT, che partono dall’ultimo trimestre dell’annus horribilis 1992, il numero dei disoccupati in Italia non è mai stato così alto: 2 milioni 890 mila persone a spasso. Ormai il trend viaggia progressivamente verso i 3 milioni pieni. I dati elaborati forniscono principalmente due spunti di riflessione circa l’andamento occupazionale per genere ed il parziale quanto temporaneo rientro verificatosi nei primi otto anni del ventunesimo secolo, in concomitanza con il passaggio alla moneta unica ed il riassetto del mercato capitalistico e finanziario. INVERSIONE DI ROTTA l’ultimo quadrimestre del 1992 contava 2 milioni e 83 mila disoccupati, […]
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Stando ai dati storici dell’ISTAT, che partono dall’ultimo trimestre dell’annus horribilis 1992, il numero dei disoccupati in Italia non è mai stato così alto: 2 milioni 890 mila persone a spasso. Ormai il trend viaggia progressivamente verso i 3 milioni pieni.

I dati elaborati forniscono principalmente due spunti di riflessione circa l’andamento occupazionale per genere ed il parziale quanto temporaneo rientro verificatosi nei primi otto anni del ventunesimo secolo, in concomitanza con il passaggio alla moneta unica ed il riassetto del mercato capitalistico e finanziario.

INVERSIONE DI ROTTA

l’ultimo quadrimestre del 1992 contava 2 milioni e 83 mila disoccupati, suddivisi in 927 mila uomini e 1 milione 155 mila donne. L’andamento si è mantenuto pressochè costante in percentuale ininterrottamente per 16 anni, sino al termine del 2008 quando i dati elaborati hanno cominciato a registrare un’inversione di rotta che si è mantenuta costante sino ad ora.
Stando agli ultimi dati gli uomini superano di 200.000 unità le loro colleghe, attestandosi a 1 milione e 548 mila unità.

Solo lo scorso anno, la forbice è ulteriormente salita di altri 60.000 lavoratori: per gli uomini, +192.000 mentre per le donne +135.000.

A livello macroregionale, il centro si conferma l’area meno colpita, seppure abbia toccato per la prima volta dallo storico ISTAT il mezzo milione di persone nella metà del 2012; nel produttivo nord si è sfiorato di pochissimo il milione pieno con 998.000 persone, e tutto fa presagire che anche le analisi dell’istituto di statistica dovranno registrare cifra tonda già dai prossimi dati in previsione per fine aprile. Per il sud la malattia dei padroni è cronica e galoppa spedita verso il milione e mezzo, attestandosi a dicembre 2012 ad 1.347.000 . Ai casi eclatanti registrati solo nell’ultimo periodo di Melfi e Termini Imerese (FIAT) andranno aggiunte le prossime vittime che Riva (insieme a tutti gli altri soggetti in campo, governo compreso) vuole mietere all’ILVA, senza dimenticare i 2000 posti di lavoro tra dipendenti diretti ed indotto alla BRIDGESTONE di Modugno. E l’elenco è solo esemplificativo.

L’ESERCITO AUMENTA

Del famigerato traguardo dei 3 milioni di senza lavoro si è accennato in precedenza. Va comunque registrato un dato interessante quanto indicativo che riguarda una costante diminuzione del numero di disoccupati a cavallo tra i primi mesi del 1999 e la seconda metà del 2007, ovvero il periodo nel quale viene convenzionalmente inquadrato l’inizio della peggiore crisi ciclica di sistema mai registrata, spacciata dai più come strutturale.

Dall’inizio delle rilevazioni storiche, proprio la conclusione del 1998 è coincisa con il peggiore dato sulla disoccupazione, che tocca 2 milioni e 700 mila persone. E’ stato questo l’anno delle grandi liberalizzazioni delle professioni e del commercio, quello degli ultimi aggiustamenti per allinearsi ai parametri previsti dall’Europa per l’ormai nascente moneta unica. Il gennaio del ’99 vede ovviamente volare l’euro, con le borse del vecchio continente alle stelle; proprio Piazza Affari a Milano sarà tra le più positive, mentre il fabbisogno nazionale continua a crescere sino a fare registrare un aumento di 6.000 miliardi delle vecchie lire. Solo dall’autunno si comincerà a registrare un miglioramento, con dati positivi sul disavanzo (a luglio registrerà + 35mila miliardi di lire).

Sul versante lavoro, a febbraio il governo firma con i sindacati confederali il nuovo “patto sociale”: sta nascendo la precarizzazione e flessibilizzazione delle professioni che tutt’oggi abbiamo davanti agli occhi, partorite ed elaborate, tra gli altri, dal giuslavorista Massimo D’Antona e, più defilati e non ancora ai grandi onori della cronaca, Marco Biagi e Pietro Ichino.

Nonostante una situazione di sostanziale stallo politico con la caduta del governo Prodi ed in seguito D’Alema, l’economia italiana viene comunque trainata dagli effetti benefici della novità capitalista della moneta unica; sarà con l’avvio del nuovo millennio che il Paese vedrà tornare il numero di disocuupati sotto la soglia dei 2,5 milioni in un trend che sarà costante sino al secondo quadrimestre del 2007 quando, anche grazie ai dati falsati attraverso il conteggio di co.co.pro ed i vari precariati sdoganati dalla cosiddetta “legge Biagi” in poi considerati “piena occupazione”, le cifre si attesteranno ad 1 milione 465 mila persone.

Il resto è storia recente ed attuale, con l’ulteriore polverizzazione del mondo del lavoro grazie alle nuove 46 tipologie di contratto previste dalla riforma tecnica Monti-Fornero. L’Italia ha così raddoppiato l’ “esercito di riserva” in soli 6 anni e portato sull’orlo del baratro la stabilità interna, mentre il nord europa prende il volo ed osserva preoccupata e guardinga i Paesi del Mediterraneo, ultimo in ordine di apparizione Cipro, seppure va detto che il contributo al PIL dell’UEM da parte dell’ “isola del tesoro” è estremamente contenuto ( 0,18% ).

A cura di M.L.

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