COSA STA DISTRUGGENDO LA TERRA?

Tra le tematiche emerse con prepotenza nelle ultime elezioni ci sono quelle ambientali, insieme alla corruzione e i costi della politica. I grillini sono stati abili nell’incanalare l’esigenza diffusa nella popolazione di migliore qualità della vita in senso lato, il capitale ha utilizzato la capacità del MOVIMENTO CINQUE STELLE di neutralizzare e controllare i movimenti più radicali. Sta di fatto, però, che le problematiche ambientali, spesso, rimbalzano agli onori della cronaca, in occasione  di difficoltà nello smaltimento  rifiuti, inquinamento di fabbriche, dissesti territoriali ed è allora che intervengono gli ambientalisti per proporre “un nuovo modello di sviluppo che coniughi […]
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Tra le tematiche emerse con prepotenza nelle ultime elezioni ci sono quelle ambientali, insieme alla corruzione e i costi della politica. I grillini sono stati abili nell’incanalare l’esigenza diffusa nella popolazione di migliore qualità della vita in senso lato, il capitale ha utilizzato la capacità del MOVIMENTO CINQUE STELLE di neutralizzare e controllare i movimenti più radicali. Sta di fatto, però, che le problematiche ambientali, spesso, rimbalzano agli onori della cronaca, in occasione  di difficoltà nello smaltimento  rifiuti, inquinamento di fabbriche, dissesti territoriali ed è allora che intervengono gli ambientalisti per proporre “un nuovo modello di sviluppo che coniughi rispetto dell’ambiente e crescita economica”.  Intendiamoci, la qualità dell’ambiente interessa particolarmente gli operai e le classi popolari che non possono crearsi e andare in paradisi naturali, dopo aver messo i propri capitali nei paradisi fiscali, come fanno i ricconi, ma si devono tenere quello che si trovano, ma le analisi e le proposte degli ambientalisti rientrano nella strategia di correggere questo sistema economico, senza metterlo in discussione. Adesso, per esempio, la Sicilia sta attraversando una delle tante emergenze nello smaltimento dei rifiuti, di case dei centri storici che crollano ecc. ma questi problemi potrebbero essere traslati in altre  parti d’Italia o dell’estero. In realtà la crisi economica si manifesta anche come emergenza ambientale. Molto spesso ci s’imbatte nelle analisi degli studiosi ambientalisti che, studiando gli effetti sull’ambente delle “attività umane”, affermano: “L’umanità sta distruggendo il pianeta”. L’umanità, però, è costituita da più di sei miliardi di persone, sono tutte responsabili del degrado planetario, compresi il miliardo di uomini e donne che soffrono la fame? E gli indigeni delle foreste distrutte, costretti a espatriare e ingrossare le file delle bidonvilles, sono responsabili delle distruzioni  planetarie? Ecco allora che le analisi degli ambientalisti mostrano tutti i loro limiti (in buona o in cattiva fede): è l’umanità, in quanto tale, che sta distruggendo il pianeta o sono le industrie alimentari  che stanno disboscando per coltivare le palme per ricavare grassi a buon mercato; oppure per ottenere nuovi pascoli e nuove terre per produrre hamburger; è l’umanità che sta bucando i fondali marini per ottenere le ultime gocce di petrolio presenti, o che sfrutta le sabbie bituminose, senza alcun rispetto della vita marina? In realtà è la produzione finalizzata al profitto che sta devastando la Terra e gli effetti sono terribili: in poco più di duecento anni, un battito di ciglia per i tempi biologici, è scomparsa quasi la metà delle specie viventi, la peggiore estinzione di massa mai avvenuta sulla Terra; si sta assistendo alla più rapida variazione climatica mai registrata e nello stesso tempo, la produzione finalizzata al profitto, sta distruggendo tutti meccanismi di compensazione delle variazioni climatiche. Allora bisogna essere chiari: è questo sistema economico incompatibile con l’ambiente e, in prospettiva, va sostituito con un sistema che produca per soddisfare direttamente i bisogni umani, non ci sono altre possibilità, lo dicono i fatti. Questo è possibile, però, solo con il controllo sociale dei mezzi di produzione, qualcosa ancora mai pienamente realizzato. In cosa consiste l’incompatibilità del nostro sistema economico con gli ecosistemi naturali? Nel metodo di produzione lineare che si basa sulla trasformazione delle risorse naturali per ottenere delle merci. Alla fine del ciclo produttivo e di utilizzo la merce diventa “rifiuto”, qualcosa che in natura non esiste, così come non ci sono i disoccupati, ma neanche il profitto, un caso? Lo smaltimento dei rifiuti si sta manifestando come la più grande contraddizione dell’economia basata sul profitto: solo la trasformazione delle materie prime può produrre profitto, estorcendolo dal plusvalore, allora si producono, volutamente, merci poco durevoli per perpetuare il processo produttivo, ma in questo modo s’incrementano i rifiuti da smaltire con costi sociali e ambientali enormi. Nessuna comunità ha risolto pienamente lo smaltimento dei rifiuti, neanche i più civilizzati paesi nordici, che bruciano negli inceneritori i residui della raccolta differenziata, immettendo nell’aria chi sa che cosa, oppure inviano nei paesi del terzo mondo ciò che non riescono a smaltire. Così avviene che paesi depredati dalle risorse primarie per pochi spiccioli si ritrovino con tonnellate di rifiuti tecnologici serviti per produrre profitto, al danno si aggiunge la beffa. E che dire del “sesto continente”, un’area sull’oceano Pacifico grande tre volte l’Italia e la Francia messe insieme, ricoperta di materie plastiche provenienti da tutto il mondo, un pezzo di oceano ormai privo di vita? I rifiuti urbani, però, rappresentano solo la punta di un’icesberg del problema perché i rifiuti dei processi industriali sono molto più pericolosi, abbondanti e meno controllabili. Come sono riempite le cave nelle zone a più alta densità criminale? Di che cosa era riempita la miniera di Pasquasia in Sicilia, cosa trasportano molte navi in rotta in molti paesi in via di sviluppo?  Mi si dirà: “Va bene queste cose sono risapute, non sei il primo a dirle, bisogna correggere i difetti connessi al nostro sistema produttivo, per questo esistono le leggi”, ed è questa la posizione degli ambientalisti irreggimentati.  In realtà l’emergenza ambientale è solo un riflesso di una più profonda crisi strutturale del capitalismo e può essere risolta solo cambiando il sistema di produzione lineare con una”circolare” che imiti i processi naturali ed elimini la produzione dei rifiuti, ma questo è possibile solo se si produce per i bisogni e non per il profitto. Di questi specifici argomenti, ai più affezionati lettori, rimando a un altro articolo perché meritano un ulteriore approfondimento. Spero che questi temi possano offrire uno spunto per un dibattito più ampio perché è importante indicare le possibili soluzioni al periodo che stiamo attraversando.

PIERO DEMARCO

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