LICENZIAMENTI JABIL. DA CASSINA DE PECCHI A MARCIANISE

Prima toccò alla Jabil di Cassina de Pecchi Milano con 350 licenziamenti e la chiusura della fabbrica. Ora è la volta di Marcianise Caserta con 190 licenziamenti. Quando impareremo a muoverci tutti assieme  e far pagare agli industriali il prezzo delle loro scelte?
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Prima toccò alla Jabil di Cassina de Pecchi Milano con 350 licenziamenti e la chiusura della fabbrica. Ora è la volta di Marcianise Caserta con 190 licenziamenti. Quando impareremo a muoverci tutti assieme e far pagare agli industriali il prezzo delle loro scelte?


Caro Operai Contro,

a Marcianise l’azienda aveva preannunciato i licenziamenti per il 25 maggio. A poche ore da quella data i tagliatori di teste di Jabil, hanno abbandonato la terza trattativa in corso con i sindacati al ministero del Lavoro, facendo scattare 190 licenziamenti. In spregio alle procedure previste in questi casi, in spregio ai decreti governativi anti Covid-19, che su tutto il territorio nazionale, vietano i licenziamenti almeno fino al 17 agosto 2020. Le operaie/i Jabil di Marcianise stanno rispondendo finora con lo sciopero a oltranza, presidiando i cancelli.
Se è lecito per i padroni licenziare in massa, in barba a regole e leggi che lo vietano espressamente, vuol dire che anche le mosse operaie, possono tener conto che regole e leggi, (in tutte le aziende non solo in Jabil) vanno prima di tutto “interpretate”, nel valutare il tipo di risposte e di forme di lotta.
A Cassina de Pecchi, in provincia di Milano, la chiusura di Jabil con 325 licenziamenti nel 2011, trovò un’intransigente opposizione operaia, dopo 2 anni di resistenza l’allora segretario provinciale della Fiom, M. Scipioni, dichiarò ufficialmente: “la partita è ancora aperta”.
Si, ma purtroppo era minata dall’attendismo sindacale, trovando mille difficoltà per ogni decisione di lotta. Riti vincolati alle lungaggini, alle risposte che non arrivano mai, allo star calmi fino al prossimo incontro, dal quale non si esce mai facendo un passo avanti. Alla lunga si disperde quella combattiva carica operaia, che alla Jabil di Cassina de Pecchi ha vissuto giornate e momenti di reali scontri, di strada, sui cancelli, dentro la fabbrica per impedirne lo smantellamento.
Purtroppo i licenziamenti sono passati e la fabbrica chiusa, ma come da ogni sconfitta c’è tanto da imparare per gli operai. Fra le prime cose anche se pare banale dirlo, la lotta della Jabil di Cassina sarebbe stata molto più efficace, se il sindacato avesse chiamato alla mobilitazione per respingere i licenziamenti, anche gli operai di Marcianise, per colpire in 2 fabbriche lo stesso padrone.
Jabil escogitò un piano per contrapporre operaie/i di Cassina a quelle/i di Marcianise. Un piano del padrone magistralmente respinto dalla risposta, che le operaie/i di Cassina insieme ai loro delegati, studiarono e misero in pratica come una ben riuscita azione di guerra, qui di seguito riassunta.
Dopo un anno di lotta per respingere i licenziamenti, in piena estate 2012 al presidio Jabil di Cassina, arrivò la notizia che all’alba del 27 luglio, il padrone avrebbe mandato uomini e camion a Cassina a caricare attrezzature, macchinari e componentistica, per garantire la continuità produttiva agli operai nello stabilimento di Marcianise. Come si può capire una chiara provocazione del padrone, per mettere contro fra di loro gli operai Jabil di Cassina che respingevano i licenziamenti, e quelli di Marcianise che secondo il padrone per continuare a lavorare, avevano bisogno proprio di quelle attrezzature che servivano a Cassina, dal momento in cui la lotta avesse imposto il ritiro dei licenziamenti.
L’operazione del padrone fallì perché quando arrivarono i camion con i muletti, preceduti da un pullman con almeno 20 uomini per caricare le attrezzature, solo dopo un lungo scontro sui cancelli tra operai Jabil e loro sostenitori da una parte, forze dell’ordine dall’altra, i mezzi riuscirono a entrare in fabbrica.
Quando furono dentro si accorsero di essere finiti in trappola, perché nei reparti si erano preparati dalla sera prima un gruppo di operaie e delegati Jabil. Alcuni di questi sbucarono dal tetto della fabbrica chiamando i loro compagni e i sostenitori. Per arrivare dentro più in fretta scavalcarono in centinaia l’inferriata intorno alla fabbrica. Schieratisi davanti ai macchinari che Jabil pensava di portar via con il blitz, è bastato per impedire che degli sconosciuti (seppur mandati dal padrone), toccassero qualcosa. La tensione era altissima, le forze dell’ordine entrate a loro volta in fabbrica, capirono che poteva scoppiare uno scontro dagli esiti inimmaginabili, ordinarono “a tutti di uscire”, anche gli uomini mandati da Jabil per smantellare, se ne andarono senza uno spillo.
Oggi i licenziamenti di massa hanno colpito la Jabil di Marcianise. Il sindacato invece di rispondere per le rime già un anno fa, quando Jabil dichiarò 350 esuberi, firmò un piano per la ricollocazione degli esuberi e a tutt’oggi 160 operaie/i si sono licenziate/i. Se la pressione della lotta non arriva ai tavoli ministeriali, questi servono solo a ratificare i licenziamenti e le decisioni già prese dai padroni. Spetta alle operaie/i della Jabil di Marcianise insieme ai loro delegati, decidere come procedere e rendere più incisiva la loro lotta.
Saluti Oxervator

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