LACRIME DI COCCODRILLA

Bellanova piange. Ma gli emigranti sanno che la ministra, mentre dichiara di far emergere il lavoro nero, ha un altro obiettivo. Nelle campagne, per il coronavirus, mancano gli schiavi e pensa, con il decreto, di arruolarne il numero necessario.
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Bellanova piange. Ma gli emigranti sanno che la ministra, mentre dichiara di far emergere il lavoro nero, ha un altro obiettivo. Nelle campagne, per il coronavirus, mancano gli schiavi e pensa, con il decreto, di arruolarne il numero necessario.


 

Il tira e molla del governo Conte, sulla regolarizzazione dei migranti in agricoltura, è arrivato ad una conclusione. Dopo una guerra accanita tra le due componenti governative (PD e 5 Stelle), che rappresentano diverse associazioni di imprenditori del settore agricolo in contrapposizione tra di loro, il governo ha trovato un accordo e, come al solito, la montagna ha partorito un topolino.
Andiamo con ordine.
Da una parte, del tira e molla, c’era la ministra dell’agricoltura Bellanova, spinta ed appoggiata dagli interessi diretti della potente Alleanza delle Cooperative Italiane (Agci, Confcooperative, Legacoop ). Cooperative che gestiscono un fatturato di 35 miliardi di euro nel settore agricolo e che controllano il 35% della manodopera migrante impiegata nelle loro varie attività. Queste cooperative hanno la necessità di garantirsi un minimo di continuità della prestazione lavorativa che altrimenti verrebbe persa ogni due per tre, sopratutto nelle assistenze domiciliari (colf e bandati) e nelle case di riposo che gestiscono. L’interesse della Bellanova è di regolarizzare almeno una minima parte dei lavoratori migranti che vivono e lavorano nell’ombra e che servono ai suoi sodali delle leghe delle cooperative.
Dall’altra parte ci sono i forti padroni agricoli di Coldiretti e di Confagricoltura che temono che le aziende agricole da loro rappresentate si trovino a dover assumere i braccianti con “regolare contratto di lavoro” e dunque con tutte le tutele che questo comporta (retribuzione oraria, malattia, infortunio). Perciò spingevano il governo, attraverso gli esponenti che li rappresentano, affinché rinnovasse la concessione dell’utilizzo dei voucher introdotti dal decreto dignità del governo precedente Lega-5 Stelle, oltre, naturalmente per loro, la possibilità di utilizzare a mano bassa chi percepisce il reddito di cittadinanza.
Significativo l’intervento di Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Bologna che sulla questione era stato chiarissimo: “Noi abbiamo proposto l’utilizzo dei voucher e la possibilità di impiegare i percettori di reddito di cittadinanza per far fronte al problema della mancanza dei lavoratori stagionali”.
Sulla stesso obiettivo si muove Confagricoltura Verona che dichiarava: “I soggetti che possono lavorare con prestazione occasionale (il contratto di prestazione occasionale in agricoltura che ha sostituito i voucher) sono: pensionati, studenti nei periodi di vacanza, persone disoccupate che siano iscritte nelle liste di disoccupazione del centro per l’impiego, percettori di prestazioni integrative del reddito ovvero cassaintegrati, ecc”.
Inizialmente la Bellanova, spinta appunto dai suoi amichetti della Lega delle Cooperative, intendeva rilasciare un permesso che a sua detta puntava : “a concedere un permesso di soggiorno temporaneo per sei mesi, rinnovabile per altri sei, per le aziende e le famiglie che vogliono regolarizzare”. Un permesso di soggiorno temporaneo, senza specificare a chi venisse applicato (gli invisibili, i braccianti degli 80 ghetti agricoli che forniscono frutta e verdura alle tavole degli italiani, rimarranno tali senza alcuna possibilità di regolarizzarsi e questa è una certezza quasi assoluta).
Come al solito dopo tanto clamore, dopo tanto sbraitare su possibili sanatorie per tutti i migranti, il decreto governativo risulta essere, come al solito, una schifezza incredibile. Infatti “salva” chi “poteva” essere salvato, chi già era in possesso di un regolare permesso di soggiorno. La “sanatoria” è rivolta ad una platea ristrettissima di migranti a cui è scaduto il permesso di soggiorno e potranno richiederne uno nuovo a patto che il vecchio sia scaduto entro il 31 ottobre 2019.
Ma non basta, il padrone che intende “regolarizzare” un migrante dovrà indicare nella domanda la durata del contratto di lavoro, una retribuzione prevista dal contratto collettivo e pagare una somma di 400 euro, più una somma forfettaria. Ma quale padrone agricolo farà una cosa del genere avendo a disposizione la massa di operai migranti invisibili su cui contare e su cui hanno contato sino ad ora? La risposta è quasi inutile darla: nessuno!
Non avevamo il minimo dubbio che il comitato d’affari della borghesia (il governo) avrebbe continuato a lasciare mano libera ai padroni di gestire la manodopera come meglio è per i loro interessi. Le assurde lacrime della signora Bellanova per i suoi migranti sono l’ennesimo insulto agli operai agricoli ed a tutti i migranti che la mantengono.
Naturalmente nel mezzo, a subire le conseguenze dell’ennesima pagliacciata governativa, ci stanno i moderni schiavi salariati agricoli, i braccianti. Braccianti che dove hanno potuto muoversi, malgrado l’imperversare del Covid 19, hanno continuato a lavorare senza sosta, senza alcuna protezione individuale, senza nessuna sanificazione delle baracche in cui vivono e sopratutto senza nessuna assistenza sanitaria, producendo derrate alimentari per le tavole di tutti gli italiani.
In un articolo apparso sul British Medical Journal, alcuni medici italiani denunciano che nelle baraccopoli dove si concentrano i braccianti, negli ultimi 6 anni, sono morti, a causa di svariate malattie, 1.500 operai agricoli. Tutto questo senza che sui giornali italiani sia mai apparsa una riga di questa denuncia. D’altronde per i padroni la morte degli operai agricoli o di quelli industriali sono solo piccoli incidenti sulla via del loro profitto.
La posizione dei braccianti rispetto alla regolarizzazione era d’altra parte senza illusioni, sapevano benissimo che una possibile regolarizzazione non avrebbe mai permesso loro di avere un contratto degno di questo nome e sapevano benissimo che, malgrado le mille promesse, dovranno continuare a lavorare per 12 ore al giorno con un salario di appena 2-3 euro all’ora. La dichiarazioni di alcuni operai migranti della piana di Gioia Tauro è estremamente concreta rispetto a tutte le fanfaronate ed a tutte le balle che partiti sindacati e associazioni varie si sono affrettati a sproloquiare ai quattro venti sui benefici della regolarizzazione. La loro semplice determinata consapevolezza è disarmante: Se il governo ha deciso così, allora vuol dire che stanno prendendo le persone in giro. Per avere il contratto in Italia è molto difficile. Ci sono tanti datori di lavoro che non vogliono fare il contratto, se chiedi di fare il contratto ti dicono che il lavoro è finito…
D.C.

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