IL DECRETO DEL 25 MARZO È UN COLABRODO

Intervista ad un operaio di una piccola industria di Matera. 90% di produzione legata all'automotive, ma la fabbrica è aperta. Una sola mascherina per due settimane
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Intervista ad un operaio di una piccola industria di Matera. 90% di produzione legata all’automotive, ma la fabbrica è aperta. Una sola mascherina per due settimane


 

Il Dpcm del 22 marzo che stabilisce la chiusura delle attività produttive non essenziali, oltre ad elencare numerosi, troppi, settori produttivi esenti dal divieto, perché ritenuti essenziali, si è dimostrato ben presto un vero e proprio colabrodo. Un esempio ci viene dato da una piccola industria di Matera, la Bawer SpA.
Intervistiamo un operaio dello stabilimento.

D. Abbiamo saputo che fra i dipendenti della tua fabbrica c’è molto malumore per il fatto che le produzioni non siano state sospese. Mi puoi dire quali sono le vostre preoccupazioni?
R.
La prima questione che poniamo riguarda il tragitto dai paesi limitrofi fino alla zona industriale Jesce (Matera). Molti operai sia della Bawer che di altre fabbriche vicine, utilizzano per raggiungere il posto di lavoro, una linea di autobus privati. Sull’autobus è praticamente impossibile rispettare le distanze di sicurezza e quindi si rischia il contagio.
In secondo luogo, poi, le nostre preoccupazioni si concentrano all’interno dello stabilimento. Le lavorazioni avvengono in gran parte su singole postazioni. In molti casi il ciclo produttivo ci rende impossibile il rispetto del distanziamento minimo di un metro, spesso siamo obbligati a lavorare in due su un pezzo, l’uno accanto all’altro, in diverse lavorazioni e in prossimità di diverse macchine.
In terzo luogo, la fornitura degli strumenti di protezione, come le mascherine, non avviene con la dovuta regolarità. Ultimamente, ad epidemia già conclamata, siamo stati costretti a lavorare con la stessa mascherina per due settimane almeno, e solo ieri, dopo le nostre proteste, finalmente ce ne è stata data una nuova a testa.

D. Per quale motivo la tua azienda rientra fra le produzioni essenziali che non sono soggette alla sospensione delle attività?
R.
In realtà quasi il 90% della produzione della fabbrica in cui lavoro, che occupa tra operai ed impiegati circa 150 persone, è dell’automotive. Si tratta prevalentemente di componentistica per i camion, in particolare cassette di acciaio, ma anche paraurti ecc. Solo in minima parte si producono da qualche anno accessori medicali in acciaio per le sale operatorie, come i lavabi. Si tratta di una quota di produzione minima che coinvolge solo una piccola parte degli operai. Eppure l’azienda ha ottenuto dal prefetto di Matera l’autorizzazione a non chiudere e continuare così indisturbata, con la scusa delle produzioni medicali, la produzione dell’automotive.
Molti operai hanno comunicato all’azienda di preferire la cassa integrazione piuttosto che rischiare di contagiare i propri familiari. Loro continuano a fare affari e noi rischiamo, per produzioni inutili, la vita.

A cura di A.V.

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