GIRI E RAGGIRI PER NON FERMARE LE FABBRICHE

Conte sforna decreti a raffica, ma per gli operai non cambia nulla: continuano ad andare in fabbrica e continuano a contagiarsi. All’Avio Aero un esempio dei raggiri messi in campo per continuare a produrre in attività non sicuramente “essenziali”
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Conte sforna decreti a raffica, ma per gli operai non cambia nulla: continuano ad andare in fabbrica e continuano a contagiarsi. All’Avio Aero un esempio dei raggiri messi in campo per continuare a produrre in attività non sicuramente “essenziali”


Il decreto Conte del 25 marzo, l’ultimo prodotto, tanto decantato dai segretari nazionali di CGIL CISL e UIL, non solo costringe al lavoro ancora milioni di lavoratori in attività che di essenziale hanno poco, ma lascia molte possibilità di continuare gli affari anche per quelle attività che sono ufficialmente vietate. L’elenco Ateco ha visto sparire delle attività e altre sono state riportate con un calcolo finale che riduce poco il numero degli operai che dovranno lavorare. Quello che però rappresenta un vero e proprio buco nero, sono le cose non dette nel decreto del 25 marzo.
Non a caso, molte aziende continuano le produzioni anche dopo il decreto del 25 marzo anche se non rientrano nella lista Ateco. Facciamo l’esempio dell’AVIO AERO di Pomigliano che, pur non rientrando nella lista, ha continuato la produzione fino al 27 marzo, comunicando per lunedì prossimo la cassa integrazione ordinaria per i dipendenti, non perché produce cose non essenziali in questo momento ma per “contrazione dell’attività” collegata all’emergenza, senza specificare come la cassa integrazione verrà fatta (per tutti nello stesso periodo, o a rotazione? Da comunicazioni verbali dell’azienda sembra valida la seconda ipotesi e per giunta con una rotazione che coinvolgerà pochi operai alla volta), né come verrà gestito il problema degli interinali che sono circa 170.
Secondo gli operai, le produzioni dovevano essere sospese già lunedì scorso perché l’AVIO di Pomigliano produce componenti per il trasporto aereo passeggeri. Quindi non rientrava tecnicamente né nelle attività della Difesa, né in quelle dell’aero spazio, né erano attività essenziali per contrastare la pandemia.
L’azienda ha utilizzato la seguente norma del decreto del 22 marzo per continuare l’attività: «h) sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive». Nonostante le proteste, gli scioperi e le diffide, anche al Prefetto, l’Avio ha continuato per la sua strada e ha continuato anche dopo il 25 marzo evidentemente rifacendosi ancora a questa norma, reputata dalle aziende ancora in vigore dopo il decreto del 25 marzo.
Il decreto del 25 è scritto con i piedi per un motivo dichiarato: dare campo libero ai padroni di continuare le produzioni. Altrimenti avrebbe sottolineato che quello stabilito in precedenza non valeva più. Quindi, con la lettura che le aziende fanno dei decreti governativi, possono rimanere in vigore anche i punti seguenti del decreto del 22 marzo: «c) le attività produttive che sarebbero sospese ai sensi della lettera a) possono comunque proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile;
d) restano sempre consentite anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e), previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, nella quale sono indicate specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei prodotti e servizi attinenti alle attività consentite; il Prefetto può sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni di cui al periodo precedente. Fino all’adozione dei provvedimenti di sospensione dell’attività, essa è legittimamente esercitata sulla base della comunicazione resa;
» Quindi in teoria possono rimanere aperte tutte le attività, se organizzate con “lavoro agile”, cioè organizzate con turni e modi che evitano la troppa vicinanza sulle postazioni, ma che non risolvono il problema degli spostamenti, né quello della frequentazione degli ambienti comuni. Come possono rimanere aperte le attività che «sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività» consentite.
In altre sedi si sono presi altri accordi per consentire le attività produttive, accordi non riportati nel decreto del 25 marzo e che di fatto consentono attività invece formalmente negate in quel decreto. Un esempio è rappresentato dalla comunicazione inviata alla “Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza” a firma dei ministri Guerini e Patuanelli, come riportato dal Fatto Quotidiano, che consente a questi settori di continuare le produzioni decidendo “autonomamente”.
Il controllo delle attività che proseguono, ma che non rientrano nella lista Ateco, viene sempre delegato ai prefetti, i quali, come l’esempio dell’Avio dimostra, le aziende non le chiudono mai. Con l’ultimo decreto, e sempre in altra sede, si è deciso che il Prefetto può consultarsi anche con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali nelle sue decisioni. E così il quadro è completo.
Quello che risulta è che le aziende hanno ancora piena libertà di continuare a produrre, infischiandosene del contagio che, ormai è chiaro a tutti tranne che ai politici e ai sindacalisti compiacenti, trova il modo di svilupparsi proprio grazie agli assembramenti che si creano per il lavoro.
Le città sono ormai deserte. Gli spostamenti sono ormai vietati. Ma, con un atteggiamento schizofrenico, si costringe ancora milioni di lavoratori impegnati in lavori inutili e non necessari in questo momento, a muoversi da casa, intasare i mezzi pubblici, ammassarsi nelle fabbriche e contagiarsi, portando il contagio nelle loro famiglie e ovunque.
A Pomigliano i casi di corona virus sono in aumento e molti si sono ammalati e si ammalano in fabbrica. In Fca, in Avio, nella Leonardo, in ditte di smaltimento rifiuti, nelle piccole aziende.
Rispetto all’ultimo decreto Conte chi può cantare vittoria sono solo i capi dei sindacati filo aziendali come quella bolla di sapone di Landini, per farci credere che loro ci sono e difendono gli operai.
Ma perché produrre cose che non servono a nessuno oggi e che non si possono vendere? La risposta la diede un operaio qualche giorno fa sul giornale: la produzione non fatta è produzione persa. Quello che non si produce è valore che i padroni non intascano. Meglio produrre e immagazzinare, anche se questo significa sacrificare gli operai.
F. R.

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