LA GUERRA DELLE MASCHERINE

Il 13 marzo Conte prometteva guanti e mascherine gratis a tutti i lavoratori. Ad oggi non le hanno neppure tutti gli infermieri e i medici, l’annuncio era solo fumo negli occhi per indurre gli operai a continuare a lavorare in condizioni di pericolo di contagio.
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Il 13 marzo Conte prometteva guanti e mascherine gratis a tutti i lavoratori. Ad oggi non le hanno neppure tutti gli infermieri e i medici, l’annuncio era solo fumo negli occhi per indurre gli operai a continuare a lavorare in condizioni di pericolo di contagio.


A tutti i lavoratori guanti e mascherine gratis” dichiarava rassicurante il 13 marzo Il Presidente del consiglio Conte, “noi tutti abbiamo il vincolo morale e giuridico di garantire loro condizioni di massima sicurezza“. Di parere esattamente contrario il commissario straordinario per il corona virus (CV) della protezione civile Domenico Arcuri, che usando termini esclusivamente bellici, ora è diventato di moda, nella trasmissione “mezzora in +” del 22 marzo diretta da L. Annunziata descrive la situazione reale. “In questa guerra i nostri alleati sarebbero i paesi che ci forniscono soprattutto le mascherine e respiratori, munizioni “continua Arcuri “Per questo avremmo bisogno”, sempre secondo il Commissario straordinario “di almeno 90 milioni di mascherine al mese, mediamente 3 milioni al giorno”.
Lo stesso Arcuri ammette che fino al 21 di marzo comunque ne sono state distribuite giornalmente 1 milione, quindi 2 milioni di “munizioni” mancanti al giorno. Ad altri tipi di dispositivi di protezione individuale (DPI) come guanti ed occhiali non fa nessun riferimento. Ma di che “munizioni” si tratta? Chi ne stabilisce l’efficacia? Quali sono le figure lavorative che dovrebbero avere la precedenza nel loro impiego? L’INAIL, per i guanti in questo caso di grave pericolo di contagio, richiederebbe la III categoria: di progettazione complessa, destinati a proteggere da lesioni gravi, permanenti o dalla morte (ad es. protezione delle vie respiratorie da agenti biologici pericolosi) per l’utilizzo dei quali è obbligatorio l’addestramento. Per quanto riguarda le maschere facciali, L’INAIL prevede che In presenza di contaminazioni elevate o di agenti biologici estremamente pericolosi come quelli di gruppo 4 (per es. virus delle febbri emorragiche) si usino semi maschere filtranti FFP3 marcate CE.
In una “guerra” come quella in corso il buonsenso vorrebbe che medici e infermieri siano le figure impiegate in “prima linea” nel contenimento del coronavirus ad avere assoluta precedenza nell’impiego dei DPI in modo da contenerne la diffusione e proteggere la salute di “soldati” insostituibili. In realtà le cose sono andate molto diversamente, i padroni non volendo rinunciare alla produzione non essenziale e quindi ai profitti hanno contribuito in maniera determinate a divulgare il contagio con milioni di operai obbligati a spostarsi giornalmente dalle famiglie alle fabbriche. Affollando treni e autobus. Gomito a gomito nelle linee di produzione indossando, le poche volte che erano reperibili, inutili mascherine che non potevano garantire niente contro il contagio. In alcune fabbriche si fornivano gli operai solo del guanto dx e di una mascherina a settimana, ai postini veniva comunicato di acquistarle in proprio, gli RLS di diverse fabbriche sottolineano che in nessun caso è stata promossa la necessaria informazione, peraltro stabilita dall’INAIL, sui dispositivi adottati.
Inizialmente comunque, milioni di quelle mascherine sono state sottratte al sistema sanitario per garantire che le fabbriche continuassero a produrre. Neanche dopo il decreto dell’undici marzo, in cui tutto il paese veniva dichiarato” zona rossa”, il governo Conte bis riusciva a sottrarsi alla pressione confindustriale ed emanare un decreto che fermasse tutte le produzioni non essenziali. Anzi, nel decreto “Cura Italia” 17 di marzo 2020, grottescamente definite, agli art 15/16 “Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività” delibera:“….le mascherine chirurgiche reperibili in commercio sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI) per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di 1 metro”. Questa norma rappresenta una deroga al D.Lgs. n. 81/2008 che individua specifici DPI e requisiti anche di certificazione. “Gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio, ma prodotte nel rispetto delle normative tecniche di sicurezza.” Di fatto, annullando fino a giugno le disposizioni INAIL in materia di DPI e andando in deroga alle normative CE. Tutto questo mentre dalla “prima linea” infermieri, pompieri, personale paramedico ecc, denunciano la mancanza di DPI. Il profitto prima di tutto!
Nelle fabbriche, vista l’immobilità e la complicità con CONFINDUSTRIA dei sindacalisti filo padronali, gli operai superati i primi giorni di incertezza sono costretti, per difendersi, allo sciopero fabbrica per fabbrica. Dalla Electrolux di Susegana, alla Fincantieri di Palermo, alla Piaggio di Pontedera che blocca la maggior parte della produzione per 7 giorni. La maggioranza degli scioperi spontanei non si limita giustamente a rivendicare gli inutili dispositivi di protezione individuale. “Fermare le produzioni non essenziali fino alla fine del contagio” e “Non siamo carne da macello”, diventano le parole d’ordine delle migliaia di operai delle fabbriche che si sono fermate, parole d’ordine che i sindacalisti compiacenti in teleconferenza con i padroni ed il loro governo non hanno voluto e non potevano raccogliere!
M.C.

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