DIVERSE LE CLASSI DIVERSE LE PROPOSTE

Un confronto fra due documenti in circolazione alla fine del 2019. Il primo per costruire un fronte di lotta anticapitalista, il secondo il programma del partito operaio.
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Un confronto fra due documenti in circolazione alla fine del 2019. Il primo per costruire un fronte di lotta anticapitalista, il secondo il programma del partito operaio.


Prendiamo in considerazione uno scritto, già un po’ datato, settembre 2019, del “Gruppo comunista rivoluzionario – Il cuneo rosso”. E’ un documento prodotto da questo gruppo in concomitanza dell’adesione all’assemblea organizzata a Napoli il 29 settembre 2019 dal SI COBAS, preparatoria delle manifestazioni che si sono poi tenute nell’ottobre successivo, ma anche e principalmente, nelle intenzioni dei promotori, per costruire un “fronte di lotta anticapitalista”. E mettiamo in comparazione alcuni aspetti significativi di questo scritto con il “Programma” proposto dagli operai che il 12 ottobre 2019 sempre a Napoli, “hanno deciso di organizzarsi in partito”. Il Partito Operaio appunto.
La proposta del Cuneo Rosso viene da una fonte particolarmente importante in questa fase e cioè dall’ambito del SI COBAS, il sindacato più forte nella logistica, unico segmento operaio che attualmente può vantare mobilitazioni e conquiste importanti.
Confrontiamo sinteticamente le due proposte:
Già proponendo un “fronte anticapitalista” ci si rivolge non direttamente agli operai, ma a tutti coloro che per reddito, posizione sociale e ideologia si pongono contro l’attuale situazione sociale, chiaramente ognuno dal proprio punto di vista, non necessariamente orientato al suo radicale superamento. Infatti di messa in discussione del sistema non se ne parla, rimanendo la questione al più sullo sfondo. Il compito del movimento è molto più pratico e immediato, esso deve puntare “a mettere in campo una forte opposizione di classe al nuovo governo PD – 5 stelle … che abbia l’ambizione di rivolgersi all’insieme della classe lavoratrice e ai movimenti sociali in campo”.
Quindi una proposta di opposizione politica al nuovo governo fatta un po’ a tutti: lavoratori, ambientalisti, femministe, antirazzisti e tutti coloro che hanno qualcosa da ridire su questo governo. E’ vero che si definisce “opposizione di classe” ma se non si specifica di quale classe e con che caratteristiche peculiari la frase è senza senso ed è più che altro un timbro rimasticato. La contraddizione fondamentale del sistema dei padroni rimane sconosciuta e annacquata nella moltitudine di rivendicazioni del movimento che viene proposto.
Il Programma del Partito Operaio pone invece la questione della rottura del cardine su cui tutto il sistema si regge. Al primo punto dice: “Dato che tutta la ricchezza delle classi possidenti viene dallo sfruttamento operaio dichiariamo che il nostro obiettivo è quello di non farci più sfruttare da nessun padrone. Vogliamo l’abolizione del lavoro sotto padrone, non vogliamo più padroni e di conseguenza vogliamo l’abolizione della condizione di operai, di noi stessi”.
Identificare come principale nemico il governo PD-5 Stelle è considerato il presupposto per costruire un movimento politico anticapitalista. Ma perché l’opposizione a questo governo? Ci possono anche essere governi a cui non bisogna opporsi, governi che non siano “dei padroni”?
Su questo punto il Programma del Partito Operaio esclude qualsiasi ambiguità. Nel quarto punto dice: “Dato che il potere in questa società si fonda sui soldi e il potere politico è espressione del potere economico, e siccome il potere politico ha sempre agito per garantire gli interessi dei padroni e dei loro sostenitori, noi operai non vogliamo più sottostare a questo potere nemico, vogliamo conquistare per noi il potere di gestire la cosa pubblica, dare finalmente nelle mani della gran massa degli operai la gestione della società”.
Il “fronte anticapitalista” pone, per costruire una opposizione al Conte bis, due obiettivi trainanti fondamentali: la questione fiscale e la questione salariale.
Per quanto riguarda il primo obiettivo, il movimento ha una “proposta” di “facile e immediata attuazione”: “una patrimoniale del 10% dei più ricchi”. Con questo prelievo sulla ricchezza si potrebbe cominciare a “fare qualcosa di concreto”, “attaccare … la precarietà, la disoccupazione, i bassi salari, i lunghi orari di lavoro per i proletari a tempo pieno, l’emigrazione dal sud, la mancata prevenzione delle malattie, l’inflazione di infortuni e di morti sul lavoro, l’assenza di asili nido pubblici, …” e molto altro ancora.
Su questa proposta chiamare tutti a raccolta per farla passare. Come? Con un referendum? Eleggendo un governo degli sfruttati? Appoggiando a livello elettorale un governo amico? Già attuare questa “proposta” “di facile e immediata attuazione” crea qualche problema. Ma se per assurdo si facesse la patrimoniale cosa cambierebbe? Rimarrebbe intatto tutto il baraccone. Grandi possessori di ricchezze hanno già proposto da anni di tassare le grandi proprietà proprio per difendere il sistema che assicura loro la bella vita. Il profitto è lavoro non pagato agli operai. Tassare i profitti significa trasferire questo lavoro non pagato, estorto agli operai, dalle mani dei singoli capitalisti a quelle dello Stato, che li rappresenta in quanto capitalista collettivo. È pura illusione credere che ciò possa essere a favore degli operai. Lo Stato dei padroni non sarà mai un Robin Hood che toglie ai ricchi per dare ai poveri, in quanto è lo strumento con cui i ricchi garantiscono il loro dominio.
Ben altra posizione esprime il Programma del Partito Operaio al punto 2: “Dato che la differenza tra ricchi e poveri – invece di diminuire- aumenta, posto che la ricchezza è prodotta dagli operai e la miseria dai padroni, decidiamo come operai di non voler più vivere in povertà e di unirci per farci restituire dai padroni il mal tolto e fondare una società in cui non si riformino più né ricchi né poveri, uscendo così dalla preistoria dell’umanità”.
Il Programma del Partito Operaio indica come compito immediato l’unione degli operai in Partito. Senza questo passaggio fondamentale tutto quello che si può dire sulla liberazione degli sfruttati rimane lettera morta. Al punto 6 il Programma del Partito Operaio dice: “Gli operai che sono giunti a queste conclusioni hanno deciso di organizzarsi in partito, un partito proprio contro tutti i partiti delle classi possidenti”.
Invece il Movimento anticapitalista, in una situazione di disorganizzazione completa dal punto di vista politico degli operai, non solo vede la patrimoniale come una proposta di “facile e immediata attuazione”, ma afferma anche che “la gestione statale dei proventi di una tale patrimoniale dovrebbe essere sottoposta rigorosamente a organismi di controllo composti da lavoratori e lavoratrici su base territoriale”. Gli operai, il potere o lo hanno o non lo hanno, non ci sono vie di mezzo. E chi sostiene che possano “rigorosamente” controllare qualcosa nella società del padrone falsifica la realtà e sparge povere illusioni.

Il secondo punto trainante del Movimento anticapitalista è quello del salario: “Forti aumenti salariali indipendenti da presenza, produttività e profittabilità, ripristino di un meccanismo di indicizzazione; salario medio garantito a tutti i precari, gli stagisti, i disoccupati, etc.” A questo aggiunge “una riduzione drastica e generalizzata della giornata di lavoro (a parità di salario)”. In questi elenchi di “cose buone” non si capisce mai se si parla di rivendicazioni sindacali, vendere al miglior prezzo e nelle migliori condizioni possibili la forza lavoro, ed allora l’elenco va ripulito dei sogni inattuabili nel regime del lavoro salariato; oppure bisogna sostenere che alcune misure sono possibili solo col potere operaio ed allora vanno riscritte completamente a partire dall’abolizione del lavoro salariato. Il ripristino della vecchia parola d’ordine “lavorare meno lavorare tutti”, che doveva, nel corso degli ultimi decenni, fronteggiare tutti i peggioramenti della condizione degli operai, si è sempre più rivelata illusoria ed inconsistente. Siamo di fronte ad una reale disorganizzazione degli operai, all’incapacità non solo di difendere il salario, ma anche la loro vita, visto che alla Sevel per la morte di uno di loro per omicidio sul lavoro, il massimo che i sindacalisti più di sinistra riescono a fare sono due ore di sciopero e quelli apertamente filo padronali una misera colletta.
Quello che all’umanità sarà possibile fare, dopo che gli operai organizzati l’avranno fatta finita con i padroni e il loro sistema, e avranno creato una società senza classi, sarà ben oltre ciò che per il Movimento anticapitalista sono “rivendicazioni immediate di lotta”, che stanno nella terra di mezzo fra illusioni e dura realtà del sistema.
Il Programma del Partito Operaio al punto 3 dice: “ Dato che la necessità di succhiare più lavoro non pagato agli operai ha sviluppato immense e nuove forze produttive tali da soddisfare i bisogni sociali di tutti, non è giusto che queste forze tecnologicamente avanzate servano solo a rendere più ricca e soddisfacente la vita di una parte della società. Le forze di produzione vanno liberate dal vincolo di essere mezzi di sfruttamento per diventare mezzi di emancipazione di tutti gli individui sociali. Per attuare questa possibilità, queste forze, devono diventare di proprietà comune sotto la direzione e la gestione di chi le usa, gli operai”.
Il Movimento anticapitalista parte da alcuni obiettivi “trainanti” per costruire un movimento interclassista. Una pratica seguita spesso, e sempre fallimentare. Mettere insieme gente che ha interessi diversi facendo finta di essere un tutto unico e promuovere, a capo di questo movimento, come contraltare, principalmente elementi non operai e come fiore all’occhiello qualche operaio.
La crisi economica dimostra invece che il sistema dei padroni è arrivato di nuovo al suo punto critico in cui dimostra tutta la sua limitatezza storica. Questo è il presupposto da cui partire. Chi dovrà dargli il colpo di grazia saranno gli operai se riusciranno ad organizzarsi. Il punto 5 del Programma del Partito Operaio al riguardo dice: “la società è carica di una contraddizione esplosiva, i produttori diretti, gli operai, producono un’immensa ricchezza sociale di cui usufruiscono sempre meno, solo quel poco per sopravvivere. Essere operai ed essere poveri è una situazione insopportabile e gli operai sono stanchi di vivere in questa situazione ”.
F.R.

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