LA GUERRA DEI DAZI È GUERRA PER I PROFITTI

Con i dazi diversificati ai padroni europei. Trump gioca la carta di dividere i concorrenti a favore del capitale americano. È una guerra a chi difende meglio i propri interessi. Fra la borghesia americana e quella europea è guerra commerciale. A colpi di dazi su aerei commerciali, prodotti tessili, elettronici, meccanici e agroalimentari, diversi da paese a paese. È guerra vera, detto senza enfasi e liberando la questione dalle chiacchiere politiche di chi – da una parte e dall’altra – con una mano garantisce “amicizia” e con l’altra o propugna altri dazi o invoca controdazi. È guerra che colpisce […]
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Con i dazi diversificati ai padroni europei. Trump gioca la carta di dividere i concorrenti a favore del capitale americano. È una guerra a chi difende meglio i propri interessi.

Fra la borghesia americana e quella europea è guerra commerciale. A colpi di dazi su aerei commerciali, prodotti tessili, elettronici, meccanici e agroalimentari, diversi da paese a paese. È guerra vera, detto senza enfasi e liberando la questione dalle chiacchiere politiche di chi – da una parte e dall’altra – con una mano garantisce “amicizia” e con l’altra o propugna altri dazi o invoca controdazi. È guerra che colpisce interessi profondi dell’una e dell’altra parte dell’Atlantico. È guerra fra alleati che, sotto la pressione di tali interessi, “scoprono” di esserlo, forse, sul piano militare (per la comune appartenenza alla Nato), ma di non esserlo più tanto sul piano economico. Rivelano a se stessi una divergenza di interessi che oggi mostra crepe in tale alleanza, domani, di questo passo, potrebbe metterla in discussione e persino sovvertirla.
Nella guerra fra il costruttore statunitense Boeing e il consorzio europeo Airbus, la cosiddetta “faida dei cieli” combattuta a suon di sussidi, anche la borghesia italiana è stata colpita. L’Organizzazione mondiale per il commercio (World trade organization – Wto) ha infatti autorizzato il governo americano ad applicare dazi aggiuntivi su un ammontare di 7,5 miliardi di dollari di merci importate dall’Ue, come sanzione per i sussidi ricevuti negli anni da Airbus, considerati illegittimi, e Trump ha deciso di non risparmiare nessuno.
Una stangata in piena regola per gli interessi dei padroni europei, il cui prezzo più alto viene pagato da quelli che hanno fatto parte del Consorzio Airbus, cioè gli industriali di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, per i quali oltre a un dazio del 10% applicato sull’export di aerei commerciali (per i capitalisti francesi si traduce in un “tributo” aggiuntivo su oltre 3,5 miliardi di dollari di esportazioni) e a dazi del 25% su altre merci come prodotti tessili, elettronici e meccanici (l’export di questi ultimi vale quasi 400 milioni di dollari per i padroni tedeschi), l’Amministrazione statunitense ha deciso di inserire nella lista nera anche i prodotti agroalimentari, andando così a “tassare” pure altri “imprenditori” europei. Viene da chiedersi: perché l’amministrazione USA ha applicato dazi anche ai padroni della Ue che non hanno fatto parte del consorzio Airbus? Per la ragione che la questione dell’Airbus è in parte una scusa, è l’occasione per fare un favore a gruppi di capitalisti americani molto potenti, che fanno pressione su Trump e possono giocare un ruolo pesante nelle elezioni presidenziali del 2020.
Nell’applicazione, in particolare, di dazi aggiuntivi a prodotti agroalimentari (erano già sottoposti a dazi, ma di livello notevolmente inferiore), Trump ha adottato una strategia “diversificata” per padroni e padroncini produttori di ogni paese. Ha scelto di colpire non prodotti europei generici e comuni a più paesi Ue, ma prodotti, diversi da paese a paese, con una posizione molto importante nel mercato Usa. Ha spaccato la formazione di un eventuale fronte comune tra le borghesie europee (è da notare che i vini e gli oli di oliva italiani e i formaggi francesi non sono stati sottoposti a dazi, mentre i vini francesi, gli oli spagnoli e i formaggi italiani sì!) e favorito nel contempo quei padroni produttori statunitensi che da tempo si battono per ostacolare la diffusione di prodotti esportati dai padroni europei (soprattutto quelli Dop e Igp) che sono molto apprezzati e ricercati dai consumatori statunitensi ma mettono fuori mercato quelli corrispondenti targati Usa.
Per i padroni Ue, già alle prese con la recessione in Germania e la Brexit, l’imposizione dei nuovi dazi Usa, annunciati e temuti da tempo, costituisce un brutto colpo. Quegli stessi politici e padroni che nei mesi scorsi si sono battuti per far imporre dazi al riso proveniente dai paesi del Sud-Est asiatico e così favorire i padroni italiani che producono riso, ora si risentono per i nuovi dazi Usa e chiedono a viva voce azioni di contrasto.
A parole nessuno vuole una guerra commerciale, tutti sanno che in fin dei conti ci rimettono, ma la realtà dei fatti li spinge verso essa: o cedere e subire le imposizioni dei padroni Usa, oppure reagire e contrattaccare con le stesse armi per difendere i propri interessi di padroni in Europa. È un fatto che la decantata globalizzazione, con il mercato globale che avrebbe permesso la libera circolazione di tutto e tutti, sotto il peso della crisi sta cedendo il passo al protezionismo. Perciò il ministro dell’Agricoltura Bellanova, mentre si augura che i “buoni” rapporti fra Conte e Trump facciano il miracolo e invoca azioni oltreoceano per limitare i dazi e favorire il ripristino di scambi commerciali regolari, da un lato propone la costituzione di un fondo europeo in grado di compensare l’impatto negativo dei dazi a sostegno dei padroni europei e dall’altro chiarisce che, per dirne una, i formaggi prodotti nelle fabbriche americane che fanno concorrenza a quelli italiani non sbarcheranno mai in Italia, sarà loro vietato completamente l’ingresso, altro che dazi!
Contemporaneamente alle parole grosse della Bellanova e di altri politici italiani contro Trump e dazi imposti dai padroni americani, sono cominciate le comparsate in televisione di padroni, padroncini e dirigenti di organizzazioni o consorzi agroalimentari, che, attorniati da comparse di operai e impiegati, hanno preso a lamentarsi degli effetti negativi che, dicono, «i nuovi dazi avranno sul loro export e sui posti di lavoro presto, purtroppo, a rischio». Crociate nazionaliste per fare in fabbrica finto fronte comune contro i dazi di Trump e giustificare la salvaguardia dei profitti con il licenziamento in primo luogo degli operai, addebitandolo alle politiche protezionistiche degli Usa. Il punto di partenza, se non adeguatamente contrastato, per, un domani, marciare tutti insieme sotto la stessa bandiera e mandare gli operai a morire in guerra per gli interessi dei padroni italiani ed europei.
L.R.

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