LICENZA DI UCCIDERE

Con decreti ed emendamenti, il governo e l’opposizione stanno cercando ogni strada per garantire ai vertici di Arcelor Mittal l’impunità sui reati connessi alla sicurezza sul lavoro nello stabilimento ex ILVA. Una scelta “poco conforme”anche per la stessa Procura di Taranto. “Questa città bella e disperata è il punto di partenza del nostro anno. Salvataggio di Ilva insieme al salvataggio dei tarantini e dei loro figli“. Matteo Renzi così presentò il decreto Ilva nel 2014, approvato dal governo la vigilia di Natale e entrato in vigore nel 2015. In realtà, Renzi condannava gli operai e i cittadini di Taranto […]
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Con decreti ed emendamenti, il governo e l’opposizione stanno cercando ogni strada per garantire ai vertici di Arcelor Mittal l’impunità sui reati connessi alla sicurezza sul lavoro nello stabilimento ex ILVA. Una scelta “poco conforme”anche per la stessa Procura di Taranto.

“Questa città bella e disperata è il punto di partenza del nostro anno. Salvataggio di Ilva insieme al salvataggio dei tarantini e dei loro figli“. Matteo Renzi così presentò il decreto Ilva nel 2014, approvato dal governo la vigilia di Natale e entrato in vigore nel 2015.
In realtà, Renzi condannava gli operai e i cittadini di Taranto a morire ancora per i padroni dell’ILVA. Il decreto, infatti, prevedeva l’immunità penale per il commissario straordinario e per i suoi incaricati nell’attuazione del piano ambientale definito a marzo 2014. Nell’articolo 2, sesto comma si leggeva: “Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro”.
In pratica: Licenza di uccidere per i padroni, una assurdità dal punto di vista degli stessi principi del diritto borghese. L’ammissione che questi stessi principi sono un inganno. La legge dovrebbe essere uguale per tutti, ma per i padroni dell’Ilva vale una legge speciale: quello che per gli altri è un reato a loro è ufficialmente concesso.
Tutto questo è rimasto sostanzialmente in vigore fino ad adesso.
Nel 2019, con il vecchio governo, le tutele erano state modificate con il decreto «Crescita» varato a giugno, che non eliminava lo scudo legale, ma stabiliva la sua decadenza per il 6 settembre. La minaccia di ArcelorMittal di chiudere lo stabilimento di Taranto, ha fatto cambiare idea al Governo e già Di Maio, ministro dello sviluppo economico del vecchio governo Lega-CinqueStelle, con il decreto «Imprese» ha invece ripristinato l’immunità penale, varata dal governo Renzi, assicurandola sino al termine del piano ambientale, ovvero fino all’agosto del 2023, termine ultimo concesso alla multinazionale dell’acciaio per mettere a norma la fabbrica di Taranto.
Infatti, il «Conte Uno» il sei agosto, due giorni prima che Salvini lo facesse cadere, ha stabilito una serie di tutele legali, a scadenza, per i dirigenti dello stabilimento, legate al rispetto del piano ambientale per l’ILVA con il contentino finale che “resta ferma la responsabilità penale, civile e amministrativa per la violazione di norme a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori” che nella sostanza non cancella l’impunità. Tale decreto è stato pienamente confermato dal nuovo governo. Ma non tutti sono stati d’accordo.
Già la Procura di Taranto, con un documento firmato dal procuratore capo Carlo Maria Capristo e dall’aggiunto Maurizio Carbone e inviato al Senato, affermava: «Seppure risultano apprezzabili ed efficaci gli sforzi tesi a delimitare meglio l’ambito di operatività dell’esonero da responsabilità penale e amministrativa per i gestori dello stabilimento e loro delegati, desta perplessità l’eliminazione di un termine breve per l’operatività della scriminante a favore di plurimi termini, piuttosto, e con un termine finale del 23.08.2023 ritenuto assolutamente eccessivo».
Per la procura «appare poco conforme ai principi costituzionali concedere spazi temporali troppo ampi quando si discute di condotte che comunque mettono in pericolo l’ambiente, la salute dei lavoratori e delle popolazioni vicino al siderurgico che subiscono l’attività nociva emissiva dello stesso».
Alle osservazioni della procura di Taranto si affiancano le prese di posizione contrarie alla conferma delle tutele di diversi parlamentari pugliesi che si preoccupano dei loro voti.
Alla fine, 17 senatori 5 stelle hanno fatto saltare il tavolo. Con un emendamento al Senato hanno eliminato di nuovo le tutele per l’ILVA. Nessuno del governo e dei 5 stelle se l’è sentita di bocciare questo emendamento. Avrebbero tutti perso la faccia.
Ora rimangono pochi giorni per cambiare ancora una volta le carte in gioco, prima della conversione in legge. Già sono iniziate le manovre per tentare questa ennesima acrobazia.
I padroni ILVA per ora non parlano, ma già avevano affermato di fronte al Decreto Crescita che voleva eliminare le loro tutele rispetto alle responsabilità penali, con le parole di Geert Van Poelvoorde, amministratore delegato di ArcelorMittal Europa:“Il 6 settembre (giorno in cui decadevano le tutele) l’impianto chiuderà”.
I sindacati con la scusa di difendere i posti di lavoro, si schierano, sempre nel modo opportuno che tanto bene conoscono, contro l’ultima decisione del Senato che elimina le tutele per i padroni e i dirigenti ILVA, e affermano in coro: “Il riaprirsi della vicenda connessa alle tutele legali previste nel decreto Salva Imprese generano incertezze sulla prospettiva dello stabilimento di Taranto, sull’insieme del gruppo ArcelorMittal e su tutto il sistema indotto”, e chiedono il solito faccia a faccia “per una verifica degli impegni assunti tra le parti con l’accordo di settembre 2018, alla luce degli ultimi sviluppi”.
Pd, Italia Viva e Autonomie dopo il buon viso in senato, ora si preparano a ribaltare la cosa. Infatti hanno chiesto e ottenuto il sostegno dei 5 stelle ad un ordine del giorno che impegna il governo «a garantire, in tempi rapidi e mediante ogni azione opportuna, la permanenza dell’attività produttiva del complesso siderurgico dell’ex Ilva di Taranto, garantendo altresì la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e di quelli legati all’indotto». Questa è la finestra attraverso cui far rientrare le coperture ai padroni ILVA.
Quello che appare chiaro è che tutto il parlamento, governo e opposizioni, con la scusa della difesa dei posti di lavoro, sono ancora a favore delle tutele penali per i padroni ILVA, tanti apertamente, alcuni dietro le quinte e quei pochi in disaccordo finiranno per allinearsi.
I padroni, senza giri di parole, sostengono: si produce alle condizioni che stabiliamo noi. Il diritto alla salute, alla sicurezza, all’ambiente pulito sono cose che non possono e non devono intaccare la corsa ai profitti, anzi vogliamo l’impunibilità sui reati legati alla sicurezza sul lavoro. I politici e i sindacalisti che di una parte di questi profitti vivono senza lavorare, devono sostenere la nostra posizione.
Chiedono senza vergognarsi la licenza di uccidere.
F. R.

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