QUANDO I NUMERI BALLANO

I risultati delle votazioni sulla piattaforma analizzati da un’ottica completamente diversa. Fiom, Fim e Uil hanno poco da stare allegri, la crisi del loro rapporto con gli operai non si può nascondere. Caro Operai Contro, su 1,6 milioni di metalmeccanici, solo il 21,15 per cento di loro (338.193) approva la piattaforma di Fiom, Fim e Uil,per il rinnovo del contratto nazionale. E’ subito smentita la mistificazione sulla “grande partecipazione di massa” alle assemblee di fabbrica per la piattaforma. I segretari generali di questi sindacati, in un comunicato stampa sbandierano, a sproposito, la partecipazione operaia come “grande vittoria nel segno […]
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I risultati delle votazioni sulla piattaforma analizzati da un’ottica completamente diversa. Fiom, Fim e Uil hanno poco da stare allegri, la crisi del loro rapporto con gli operai non si può nascondere.

Caro Operai Contro,
su 1,6 milioni di metalmeccanici, solo il 21,15 per cento di loro (338.193) approva la piattaforma di Fiom, Fim e Uil,per il rinnovo del contratto nazionale. E’ subito smentita la mistificazione sulla “grande partecipazione di massa” alle assemblee di fabbrica per la piattaforma.
I segretari generali di questi sindacati, in un comunicato stampa sbandierano, a sproposito, la partecipazione operaia come “grande vittoria nel segno della democrazia”, ma le cose stanno ben diversamente.
Se come dicono Fiom, Fim e Uil, i metalmeccanici sono 1,6 milioni, e quelli che hanno votato “SI” sono 338.193, vuol dire che solo il 21,15 % ha votato per questa piattaforma.
Una percentuale che scende al 20% se si tiene conto, come c’è scritto nel comunicato stampa in questione, che i metalmeccanici “negli anni della crisi hanno perso 300 mila posti di lavoro”. Poiché prima della crisi i metalmeccanici erano almeno 2 milioni, togliendone 300 mila ne restano 1,7 milioni, non 1,6 milioni come sostengono oggi i confederali.
Ce ne sarebbe da strapparsi i capelli. Ma di questa voragine fra operai e quelli che dovrebbero essere i rappresentanti del loro sindacato, Fiom Fim e Uil non ne parlano, nessun accenno a recuperare il rapporto con gli operai. Assumono come una normalità questa situazione e nel comunicato stampa, la “annegano” dicendo che: “Il numero di aziende nelle quali si sono svolte le assemblee è risultato pari a 6.104, per un totale di 684.946 dipendenti. Hanno votato 358.184 lavoratori (pari al 74,21% dei presenti nei giorni di votazione) e di questi 338.193 (95,78%) hanno votato Sì e 14.898 (4,22%) hanno votato No. Le bianche sono state 3.560 e le nulle 1.289”.
Dopo questa “spiegazione”, rincara la dose Marco Bentivogli segretario generale della Fim, affermando che la piattaforma dei sindacati confederali ha preso il 96 per cento di “SI”. Soddisfatta anche Francesca Re David, segretaria generale della Fiom Cgil perché dal 2006, finalmente dopo 13 anni la Fiom presenta una piattaforma unitaria insieme a Fim e Uil. Unitari con Fim e Uil, mentre l’80 per cento dei metalmeccanici non condivide la piattaforma confederale!
Questo giornale ha pubblicato una argomentata critica operaia alla piattaforma confederale: dal fatto che non affronta seriamente la tragedia quotidiana delle morti sul lavoro; non rivendica aumenti salariali in grado di tener testa al carovita reale nei 3 anni 2020 – 2022, lasciando gli operai sul piano inclinato della povertà, e poi un corollario di nebulose e indecifrabili richieste, fino ai verbali truccati di assemblee deserte o semideserte. Bene hanno fatto gli operai a girarci alla larga, lasciando che l’approvasse solo il 21,15 per cento, in prevalenza, piccola borghesia impiegatizia e aristocrazia operaia.
Ma intanto bisogna che gli operai si preparino per le prossime scadenze e si organizzino in fabbrica e nei luoghi di lavoro, per imporre a maggioranza i propri obbiettivi.
In una situazione dove non sarebbe esagerato per gli operai pretendere le dimissioni dei vertici sindacali, questi fanno gli gnorri, mettendosi con questo comportamento, nel mezzo della “voragine” che li separa dagli operai e che prima o poi li spazzerà via.
Se è vero che lo smantellamento di tante realtà industriali, ha disperso potenzialità di lotta di fabbrica, lo si deve ad un sindacalismo rinunciatario, che non ha condotto una reale lotta contro i licenziamenti, diventando al tempo stesso, anche causa di disgregazione degli operai, che della lotta sono i veri protagonisti.
Troppe volte le ristrutturazioni, i tagli dell’occupazione, le chiusure delle fabbriche, sono state gestite dal sindacato come un treno che arriva al capolinea finale, dove l’obbiettivo è la cassa integrazione con la quale gli operai vengono dispersi, mandati ognuno a casa propria, da un accordo sindacale.
Invece il “capolinea” voluto dal padrone, non può essere accettato dagli operai senza colpo ferire. Sembra banale dirlo ma va rimarcato sempre: finché in fabbrica le scelte del padrone non vengono affrontate e combattute da un sindacalismo operaio, con propri obbiettivi e con modalità “aggregative”, rimane solo la sconfitta. Ma le sconfitte, se non vengono spacciate per vittorie, sono una scuola necessaria per riprendere la strada della vera lotta operaia.
Saluti Oxervator

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