BRUTTI SEGNALI

Il primo segnale si è avuto nella notte tra lunedì 16 e martedì 17. E’ lì che, senza che nessuno avesse neanche immaginato cosa stava per succedere, le grandi banche Usa si sono trovate in difficoltà nelle operazioni monetarie che normalmente si svolgono tra la chiusura e la riapertura dei mercati (overnight, durante la notte). In pratica le banche, dopo aver fatto i conti delle operazioni fatte, e visto quanto denaro liquido hanno, decidono quanto prestarne o viceversa debbano prenderne in prestito in modo da poter continuare ad operare il giorno successivo. Ebbene evidentemente quelle che cercavano denaro erano […]
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Il primo segnale si è avuto nella notte tra lunedì 16 e martedì 17. E’ lì che, senza che nessuno avesse neanche immaginato cosa stava per succedere, le grandi banche Usa si sono trovate in difficoltà nelle operazioni monetarie che normalmente si svolgono tra la chiusura e la riapertura dei mercati (overnight, durante la notte).

In pratica le banche, dopo aver fatto i conti delle operazioni fatte, e visto quanto denaro liquido hanno, decidono quanto prestarne o viceversa debbano prenderne in prestito in modo da poter continuare ad operare il giorno successivo. Ebbene evidentemente quelle che cercavano denaro erano significativamente di più di quelle che erano disposte a concederne, perlomeno al (basso) tasso di interesse di questo periodo. Immediatamente, per legge di mercato, di fronte a una domanda che non trovava offerta, il tasso di interesse su questo tipo di operazioni, il cosiddetto overnight, è bruscamente salito dal 2,4% al 5,25%, toccando tuttavia picchi del 10% prima della apertura dei mercati.
La cronaca di questo primo giorno, martedì 17, si completerà con l’immediato intervento della Federal Reserve, con la sua incaricata Bank of New York che annuncia una operazione di Repo di ben 75 mld di dollari a un tasso minimo del 2,10%, con il quale fornirà quella liquidità che fra di loro le banche non riuscivano reciprocamente a garantirsi. Per la precisione dei 75 mld di denaro offerti quel mattino dalla Fed le principali banche Usa ne prenderanno “solo” 53, fornendo come collaterale titoli di vario genere come titoli del tesoro e obbligazioni immobiliari di agenzie statali, con l’impegno alla loro restituzione reciproca con l’interesse fissato. Una vendita in cambio di denaro con promessa di riacquisto a un prezzo fissato e tale da generare l’interesse, questa è in estrema sintesi quello che normalmente avviene per questo tipo di operazioni monetarie tra banche. E i Repo (Overnight Repurchase, riacquisti durante la notte) della Fed non si distinguono dalle altre operazioni overnight se non che per la tipologia di controparte bancaria, la banca centrale che non può avere problemi di liquidità per definizione, poiché il denaro lo può stampare “liberamente”.
Il fatto arriverà da noi come notiziola nei telegiornali della sera senza che gli venga data alcuna rilevanza. Il giorno dopo i giornali economici come il sole 24 ore scriveranno di eccezionale intervento della Fed, e che era dai peggiori giorni del 2008 che tali interventi della Fed non si vedevano, quando la sfiducia generale tra le banche aveva bloccato ogni rapporto di scambio tra loro. La spiegazione del fenomeno che viene data, che in realtà non spiega nulla, è in una momentanea, improvvisa mancanza di contante per aver dovuto far fronte al pagamento delle tasse a metà settembre da parte di molte grandi società.
Il secondo giorno, mercoledì 18, si fa fatica a trovare notizie. Il mercato del denaro si è regolarizzato? La domanda di denaro da parte delle banche è cessata? E’ il giorno che tutti gli “esperti” aspettavano, la Fed per bocca del suo governatore comunicherà se abbasserà e di quanto il tasso di interesse di riferimento. La Bce ha da pochi giorni annunciato tassi che in Europa arrivano incredibilmente sottozero e un nuovo QE (Quantitative Easing, facilitazione quantitativa) da 20 mld di euro al mese. La differenza con gli Stati Uniti, che ha tassi intorno al 2%, è grande. Dal 2015 poi la Fed ha sospeso il suo QE nel tentativo di tornare a una qualche normalità e di progressivamente ridurre l’attivo del suo bilancio che era arrivato, comprando titoli su titoli dalle banche in difficoltà, alla fantastica cifra di 4.500 mld, dagli 800 che erano nel 2008, oggi sono 3.850. La Fed il 18 settembre resiste alle pressioni di tutti, anche a quelle di Trump e il suo governo che continua ad immettere titoli e vorrebbe tassi più bassi e banche più liquide che gli comprino il debito dello Stato: abbasserà il tasso di riferimento di solo 0,25%. Il nuovo intervallo di riferimento diventa 1,75%-2,25%. E le difficoltà delle banche sul mercato del denaro? Continua ovviamente, e la Fed immetterà altri 75 mld, questa volta le banche li prenderanno tutti, anzi ne vorrebbero altri, il tasso overnight rimarrà ancora sopra a quello di riferimento al 2,50%.
Terzo giorno, giovedì 19, terzo pacchetto da 75 mld di dollari. Venerdì 20 è il quarto giorno e alle banche vengono garantiti altri 75 mld. E’ vero che si tratta di operazioni che potrebbero chiudersi in 24 ore e quindi non è detto che i miliardi si sommino, ma è la Fed a chiarire la sua disponibilità a continuare almeno fino al 10 ottobre l’operazione se necessario. Aggiunge che da lunedì 23 settembre offrirà anche Repo a 14 giorni per almeno 3 pacchetti da 30 mld di dollari.
Tutti si affrettano a minimizzare adducendo «una “tempesta perfetta” di ragioni tecniche», a garantire che i miliardi «Sarebbero stati drenati non da spettri di gravi crisi, come avvenuto nel 2008». Nei prossimi giorni vedremo se, grazie alle nuove immissioni di denaro da parte della Fed, verrà riportata la calma sul mercato monetario, in ogni casi a noi è chiaro che per quanto cerchino di cacciare lo spettro della crisi dai loro stessi cervelli di “esperti”, spesso impotenti, questa con nuove forme torna a palesarsi con scoppi irruenti. Come un vulcano per niente spento che torna ad eruttare.

R.P.

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