Sherlock Holmes indaga sui 3,4 milioni di poveri spariti in Italia

Caro Operai Contro, in Italia 3,4 milioni di poveri sono scomparsi. A dirlo è l’istituto di statistica europeo Eurostat, che però non dice dove sono finite queste 3,4 milioni di persone che sarebbero uscite dalla povertà. Che siano diventate ricche vincendo tutti alla lotteria di capodanno non è possibile. Che abbiano trovato un occupazione più stabile e con salari più alti, è da escludere, lo dice il dilagare in ogni campo e settore dell’occupazione precaria. L’unica spiegazione plausibile della sparizione di 3,4 milioni di poveri, è dovuta al cambiamento dei parametri usati per definire e rilevare il livello di […]
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Caro Operai Contro,

in Italia 3,4 milioni di poveri sono scomparsi. A dirlo è l’istituto di statistica europeo Eurostat, che però non dice dove sono finite queste 3,4 milioni di persone che sarebbero uscite dalla povertà. Che siano diventate ricche vincendo tutti alla lotteria di capodanno non è possibile. Che abbiano trovato un occupazione più stabile e con salari più alti, è da escludere, lo dice il dilagare in ogni campo e settore dell’occupazione precaria. L’unica spiegazione plausibile della sparizione di 3,4 milioni di poveri, è dovuta al cambiamento dei parametri usati per definire e rilevare il livello di povertà, anche in considerazione del fatto che Eurostat non distingue tra povertà assoluta e povertà relativa. Nonostante i dati truccati abbiano fatto sparire 3,4 milioni di poveri, in Italia i poveri sono il 17,2%, un primato rispetto la media europea del 15,7%.

Saluti operai

 

Allego articolo da La Stampa del 13/12/2017

In Italia ci sono più poveri che negli altri Stati europei

Quasi 10,5 milioni di persone vivono in stato di estrema privazione. Ma nel 2016 la situazione è migliorata: 3,4 milioni di indigenti in meno.

In Europa l’Italia è il Paese che ha più poveri in termini assoluti. Quasi dieci milioni e mezzo sono le persone che lungo la Penisola hanno difficoltà a tirare avanti, a pagare l’affitto regolarmente, a poter affrontare spese impreviste o avere il riscaldamento. La classifica cambia se si guarda alle percentuali rispetto alla popolazione residente. Ci sono realtà peggiori come quella romena o bulgara, dove quasi la metà della nazione vive in condizioni di ristrettezza economica (49,7% e 47,9% rispettivamente), ma è comunque indice della fatica che ancora fanno gli italiani a uscire dalla crisi.

 

I dati diffusi da Eurostat nel 2016 registrano 78,5 milioni di cittadini europei in stato di «privazione sociale o materiale», vale a dire in condizioni di povertà. Una situazione migliorata da due anni a questa parte, se si considera che nel territorio dell’Ue nel 2014 la fascia di popolazione con problemi economici contava 98,1 milioni. L’Italia non ha fatto eccezione, e questa è la buona notizia per il Paese, dove nello stesso periodo sono scomparsi 3,4 milioni di persone in precedenza in condizione di sofferenza economica. Sintomo di una ripresa che però ancora fatica a raggiungere tutti.

statistiche poveri

Le cifre fornite dall’Istituto di statistica europeo confermano il miglioramento della condizione socio-economica seguito alla ripresa, non robusta ma comunque presente. E conferma pure gli sforzi compiuti a livello nazionale. Un riconoscimento a chi, in Italia come altrove, ha saputo fare riforme. I numeri grezzi indicano però che non proprio tutto va per il meglio, soprattutto laddove dove il peggio era considerato passato. È il caso della Spagna, Paese uscito da un programma di assistenza finanziaria, dove il numero dei poveri tra il 2015 e il 2016 è tornato a crescere (+1,2%, pari a più di mezzo milione di nuovi poveri). Non un bene per Madrid, neanche per l’Ue che agli iberici hanno imposto cure lacrime e sangue convinti di aver risolto i problemi spagnoli.

C’è anche qualcos’altro che salta all’occhio. In un momento in cui l’Europa si interroga sull’opportunità di procedere o meno a due o più velocità nella costruzione del progetto comune, la lotta alla riduzione della povertà sembra già seguire queste logiche offrendo dinamiche ben diverse. Ci sono almeno sei Stati membri dove tra il 2015 e il 2016 il numero di individui con difficoltà economiche è aumentato. Uno, come detto, è la Spagna. Ma nel gruppo ci sono anche Romania (+0,1%), Austria (+0,2%), Francia (+0,2%), Lituania (+0,5%) e Belgio (+1%). Per loro l’invito ad agire si fa più necessario.

L’Italia, con i suoi 10,4 milioni di abitanti che faticano a tirare avanti, è quella che vanta al proprio interno la quota numerica più sostanziosa di persone morse dalla povertà. A guardare i tassi, espressi in percentuali, la situazione è comunque peggiore della media europea (17,2% contro 15,7%), ma non così drammatica. E certamente non lo è, se raffrontata a situazioni di altri Stati membri dove le cose vanno decisamente peggio. Ma certo 10,4 milioni di italiani sono un fardello non da poco. Una situazione con cui fare i conti, puntando sull’istruzione.

In Italia come in Europa a vivere in stato di privazione sono soprattutto i cittadini con basso livello di scolarizzazione. Vuol dire che il vaccino alla povertà è lo studio. Diplomati e laureati soffrono meno. I numeri Eurostat suggeriscono questo. Peccato che non più tardi di un mese fa la Commissione europea abbia messo in luce le pecche del sistema Italia, dove il tasso di diplomati e laureati (26,2%) è inferiore rispetto alla media comunitaria (39,1%) e quello di abbandoni scolastici, invece, superiore (13,8% contro il 10,7% Ue). Secondo Bruxelles la riforma della scuola del 2015, in fase di attuazione, «potrebbe migliorare i risultati» del sistema dell’apprendimento italiano. Non guasterebbe

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