ILVA: UN PROCESSO CHE NON SI FARA’ MAI

Redazione di Operai Contro, il processo ai padroni e ai dirigenti dell’ILVA non si farà mai. La magistratura dei padroni lavora con metodo Un operaio dell’ILVA   MIMMO MAZZA TARANTO – Il processo al disastro ambientale provocato dall’attività dello stabilimento siderurgico Ilva torna all’udienza preliminare, iniziata il 19 giugno del 2014 e conclusasi faticosamente lo scorso 23 luglio. Lo ha deciso la corte d’assise in quella che, dopo due udienze vanificate prima da un difetto di notifica e poi dall’astensione dei penalisti, doveva essere la prima vera udienza. Invece, per tre errori formali (chiamiamoli con il proprio nome: tre […]
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Redazione di Operai Contro,
il processo ai padroni e ai dirigenti dell’ILVA non si farà mai.
La magistratura dei padroni lavora con metodo
Un operaio dell’ILVA
  MIMMO MAZZA

TARANTO – Il processo al disastro ambientale provocato dall’attività dello stabilimento siderurgico Ilva torna all’udienza preliminare, iniziata il 19 giugno del 2014 e conclusasi faticosamente lo scorso 23 luglio.

Lo ha deciso la corte d’assise in quella che, dopo due udienze vanificate prima da un difetto di notifica e poi dall’astensione dei penalisti, doveva essere la prima vera udienza. Invece, per tre errori formali (chiamiamoli con il proprio nome: tre copia e incolla fatti male), tutto riprenderà, l’anno nuovo, dinanzi ad un nuovo giudice per l’udienza preliminare (quasi sicuramente la dottoressa Anna De Simone, presidente dell’apposita sezione), essendo la precedente, Vilma Gilli, divenuta incompatibile per aver firmato oltre al decreto che ha disposto il giudizio dei 47 imputati di «Ambiente svenduto», decreto dichiarato nullo ieri dalla corte d’assise, anche il dispositivo di sentenza riguardante gli imputati giudicati con il rito abbreviato.

Nel decreto che dispone il giudizio c’erano tre anomalie, segnalate ieri mattina, in apertura di udienza, dal procuratore aggiunto Pietro Argentino. La prima riguardava l’omissione del nome del difensore d’ufficio per gli 11 imputati i cui difensori di fiducia risultavano assenti. La seconda l’insufficiente descrizione – per 12 imputati – del fatto loro contestato, con l’omessa indicazione delle qualifiche soggettive e del periodo di esercizio delle stesse. La terza, l’incompletezza del capo di imputazione riguardante la società Ilva spa. Questioni che possono essere sollevate in ogni momento e grado di giudizio e dunque allo scopo di evitare brutte sorprese a processo arrivato magari in Cassazione, la Procura ha preferito il male minore, sollevando subito le questioni e invocando una nullità relativa, cioè sollecitando la corte d’assise a disporre la nullità solo degli atti relativi agli imputati senza – apparente – difensore o con il capo di imputazione generico. Di diverso avviso, invece, è stata la corte d’assise, che ha annullato il decreto che dispone il giudizio, inviando di nuovi tutti gli atti all’ufficio gup.

Ma cosa è successo materialmente? Nell’udienza del 23 luglio scorso, quella conclusasi con il rinvio a giudizio dei 47 imputati, nel verbale di udienza 11 imputati (Fabio Riva, Ivan Di Maggio, Bruno Ferrante, Antonio Colucci, Cosimo Giovinazzi, Cataldo De Michele, Nichi Vendola, Massimo Blonda, Dario Ticali, Pierfrancesco Palmisano e la società Riva Fire) risultano senza difesa, essendo i relativi avvocati di fiducia assenti. Come scritto nel decreto che dispone il loro giudizio, il giudice Vilma Gilli ha correttamente proceduto alla nomina per loro di un avvocato d’ufficio, Vincenzo Vozza del foro di Taranto, ma di tale nomina non c’è traccia nel verbale della stessa udienza ed essendo, ha rilevato la corte d’assise, il verbale presupposto del decreto di dispone il giudizio, quest’ultimo va annullato, prospettandosi una lesione del diritto di difesa.

Ora, è evidente che quegli 11 imputati sono stati, e ampiamente, difesi nel corso della lunghissima udienza preliminare, e che si è trattato di un mero errore di trascrizione, per carità sicuramente grave trattandosi di un atto giudiziario ma pur sempre da inquadrare nella fattispecie del copiaeincolla venuto male (anzi, non venuto proprio). La procedura, però, non lascia scampo. Il giusto processo è in Costituzione. E dunque, la corte d’assise ha deciso di accogliere l’obiezione della Procura, ponendo riparo a errori che avrebbero potuto incidere sulla sorte futura del dibattimento.

Quando riprenderà il processo? Difficile dirlo. Il nuovo gup, chiunque esso sia, ovviamente dovrà approcciarsi alle posizioni dei 47 imputati partendo da zero. E prima ancora dovrà decidere sulle parti civili, le 1000 ammesse dal giudice Vilma Gilli che ora dovranno nuovamente chiedere di essere ammesse, con il nuovo, ovvio e atteso, fuoco di sbarramento del collegio di difesa, ammenocché il nuovo gup non decida di fare salve almeno le questioni preliminari, ripartendo così direttamente dalla requisitoria dei pubblici ministeri. Non durerà forse un anno come la precedente ma pare evidente che per completare la nuova udienza preliminare serviranno almeno alcuni mesi.

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