Milano: NoExpo Criminalizzazione preventiva

per il dibattito L’assemblea nazionale del movimento NoExpo era prevista all’Università di Milano per il 17 gennaio. Alla vigilia, il rettore Gianluca Vago (in quota PD), d’accordo con il prefetto Francesco Paolo Tronca, ha «serrato» per tre giorni le Facoltà di via Festa del Perdono e di via Conservatorio. «Motivi di sicurezza», hanno detto e scritto. La decisione ha suscitato molte perplessità, anche da parte del «Corriere della Sera» che, nei giorni precedenti, aveva creato allarmismo per l’iniziativa. E ha creato preoccupazioni tra gli «esperti» di ordine pubblico della Questura milanese. Costoro hanno visto nella decisione di Vago-Tronca un […]
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per il dibattito

L’assemblea nazionale del movimento NoExpo era prevista all’Università di Milano per il 17 gennaio. Alla vigilia, il rettore Gianluca Vago (in quota PD), d’accordo con il prefetto Francesco Paolo Tronca, ha «serrato» per tre giorni le Facoltà di via Festa del Perdono e di via Conservatorio. «Motivi di sicurezza», hanno detto e scritto. La decisione ha suscitato molte perplessità, anche da parte del «Corriere della Sera» che, nei giorni precedenti, aveva creato allarmismo per l’iniziativa.

E ha creato preoccupazioni tra gli «esperti» di ordine pubblico della Questura milanese. Costoro hanno visto nella decisione di Vago-Tronca un possibile motivo di tensioni, anche in previsione delle contestazioni al Convegno sulla famiglia «naturale», indetto dalla Regione Lombardia con il patrocinio dell’Expo, e in forte odor di omofobia. Senza tanti giri di parole, i vetero familisti considerano l’omosessualità una malattia e, come tale, da curare. Forse, il governatore Roberto Maroni intende aprire una nuova fonte di business per la sanità ciellino-leghista della Lombardia?

Alcune migliaia di manifestanti hanno detto NO! alle terapie maroniane e, soprattutto hanno detto NO! al familismo bigotto.

Emarginare e criminalizzare

L’assemblea NoExpo ha avuto luogo nell’ex sede dell’Anpi di via Mascagni, sempre in zona centrale. Lo stabile è abbandonato da anni, come tanti palazzi milanesi, nonostante ci sia l’emergenza casa e centinaia di senza tetto sono costretti a dormire à la belle étoile. Sotto le stelle, sotto la pioggia … Di conseguenza, per quanto spazioso, l’ambiente non assicurava certo le migliori condizioni. E soprattutto ha impresso all’assemblea quelle stigmate di precarietà e di illegalità in cui i signori dell’Expo vogliono confinare le voci di dissenso e di critica.

Situazione ben diverso si sarebbe avuta se l’assemblea si fosse tenuta all’Università. A cento metri dall’Assolombarda, la potente associazione degli industriali lombardi; a trecento metri da Palazzo Marino, sede della giunta Pisapia, entrambe istituzioni lanciate anima e corpo nel business dell’Expo. In questo caso, si sarebbe legittimato un focolaio di dissenso e di critica. Un focolaio in cui oggi convivono molte anime, alcune decisamente moderate (i «no canal») altre più radicali, come i movimenti impegnati nelle occupazioni di case e contro il lavoro nero che dilaga nei cantieri dell’Expo. Dove si lavora notte e giorno.

Divide et impera?

L’evoluzione politica delle varie anime, per quanto non prevedibile, trova alimento nello stesso malaffare in cui sguazza l’Expo, la cui protervia (nonostante Cantone) potrebbe agire da catalizzatore delle proteste. La Valsusa qualche cosa insegna

Quindi, meglio dividere, prima che la protesta salga di tono e diventi causa di dolori per Giuseppe Sala, amministratore delegato dell’Expo, per Diana Bracco, presidente dell’Expo[1], per il sindaco Giuliano Pisapia e via via per tutti i collusi nella grande abbuffata. Costoro, comunque vada, se ne andranno con le tasche piene di quattrini; per il governo Renzi-Padoan, invece, la partita dell’Expo assume una connotazione ben più importante che potrebbe pregiudicare il loro destino politico, nel caso non riescano ad assicurare quanto promesso ai loro sponsor. Ovvero a tutti gli affaristi dell’industria, del commercio e, soprattutto, della finanza[2], che stan mangiando alla grande.

E prima o poi, anche i proletari potrebbero incazzarsi, vedendo il colossale spreco di risorse che sta avvenendo a loro esclusivo danno: debiti, dissesti ambientali, precarietà lavorativa e … militarizzazione della città. Mentre loro tirano la cinghia.

Di fronte a queste pericolose eventualità, si capisce bene perché a Milano i signori dell’Expo preferiscano troncare sul nascere ogni possibile critica e dissenso, criminalizzando i protagonisti e dividendoli. Se possibile.

  1. E. Milano, 18 gennaio 2015.

Milano NoExpo, Criminalizzazione

[1] Per i compensi ufficiali di questi manager, vedi: http://www.expo2015.org/it/amministrazione-trasparente-/organizzazione/organi-di-indirizzo-politico-amministrativo

[2] Tra i Global Partners di Expo ci sono: Fca, Enel, Tim, Intesa San Paolo, Finmeccanica, Samsung …

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