Occupazione, Matteo smentito dai dati. E sulle assunzioni effetto Poletti nullo

Redazione Matteo Renzi e il ministro del lavoro Poletti sorridono sempre e se ne infischiano dei problemi che li circondano, dalla mafia romana ai dissapori interni del governo, dall’aumento del numero dei disoccupati e dei cassaintegrati ai pensionati che non riescono a campare con 500 euro al mese.  Renzi e Poletti sorridono sempre, d’altronde il loro Jobs Act è stato approvato come volevano i loro amici padroni, da Squinzi ai padroni delle cooperative i licenziamenti non saranno più un grande problema . Renzi e Poletti sorridono sempre, le tutele crescenti servono proprio a loro, più licenziamenti e più consensi dai padroni che li finanziano.  redazione, vi […]
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Redazione

Matteo Renzi e il ministro del lavoro Poletti sorridono sempre e se ne infischiano dei problemi che li circondano, dalla mafia romana ai dissapori interni del governo, dall’aumento del numero dei disoccupati e dei cassaintegrati ai pensionati che non riescono a campare con 500 euro al mese. 

Renzi e Poletti sorridono sempre, d’altronde il loro Jobs Act è stato approvato come volevano i loro amici padroni, da Squinzi ai padroni delle cooperative i licenziamenti non saranno più un grande problema .

Renzi e Poletti sorridono sempre, le tutele crescenti servono proprio a loro, più licenziamenti e più consensi dai padroni che li finanziano. 

redazione, vi invio un articolo di Gianni di Capua del “Tempo”    

Renzi canta vittoria. Sbandiera successi nella lotta alla disoccupazione e li intesta al suo governo come se il decreto Poletti, varato nel marzo scorso come anticipo del Jobs act, avesse avuto poteri salvifici.

La voce.info, un sito specializzato in economia, invece, ha pubblicato ieri un articolo che smonta completamente l’analisi del governo.

Nel testo, che porta la firma dei ricercatori universitari Andrea Garnero e Alessandro Giovannini, viene anzitutto riportata la nota del ministero del Lavoro a commento dei dati Istat che a loro volta parlavano del dato record della disoccupazione arrivata ormai al 13.2%, lo stesso livello del 1977.

Eppure il governo canta vittoria: «Un andamento positivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pari ad oltre 400mila nuovi contratti, con un aumento tendenziale del 7,1 per cento rispetto ad un anno prima – si legge nella nota del dicastero guidato da Poletti -. Questi dati, in continuità con quelli relativi al 2° trimestre, confermano che il cosiddetto decreto Poletti, convertito nella legge 78/2014, ha prodotto l’esito che era auspicabile, cioè un incremento dei contratti a tempo indeterminato e dei contratti di apprendistato».

È davvero così?

«Purtroppo – scrivono quelli de Lavoce.info -, l’entusiasmo del ministero non è confermato dai dati sulle comunicazioni obbligatorie pubblicato mercoledì 3 dicembre dallo stesso ministero. Analizzando l’andamento trimestrale si vede come dall’entrata in vigore del decreto Poletti il numero di contratti a tempo indeterminato sia in realtà diminuito rispetto ai trimestri precedenti». Non solo, ma si evidenzia anche «un minore calo nel secondo e terzo trimestre rispetto agli anni precedenti, ma si vede anche come l’inversione di tendenza fosse già cominciata nel primo trimestre». Garnero e Alessandrini smascherano anche un trucchetto messo in piedi dal dicastero: « Purtroppo, dal primo trimestre 2014, il ministero del Lavoro non pubblica più i dati destagionalizzati, ma anche utilizzando in maniera rozza gli andamenti stagionali degli anni precedenti per cui i numeri sono disponibili, non è possibile notare alcun andamento particolarmente positivo nel secondo e terzo trimestre».

Quindi, procedendo per sommi capi, nell’articolo si legge che «se poi si considera il saldo netto tra attivati e cessati, dal secondo semestre 2011 i contratti a tempo indeterminato chiusi sono sempre stati superiori a quelli aperti. Nel terzo trimestre 2014 per i 400mila contratti attivati ne sono terminati 483mila. La tendenza, come si vede nella figura 2, è alla diminuzione dei contratti a tempo indeterminato rispetto al totale dei nuovi contratti: nel terzo trimestre 2014 siamo scesi al 16 per cento rispetto al 70 per cento dei contratti a tempo determinato». E allora come fa il governo a cantare vittoria? «Rispetto al terzo trimestre 2013 . si legge su Lavoce.info -, si è registrato un aumento di oltre 26mila nuovi contratti a tempo determinato, ma la maggior parte si è concentrata nel settore dell’istruzione: +44 per cento su base annua, per una variazione assoluta di oltre 17mila contratti rispetto al terzo trimestre 2013. Un aumento, dato il settore, difficilmente ascrivibile» al decreto Poletti.

Dunque si può concludere che dai dati pubblicati dal ministero non è possibile vedere alcun effetto del decreto Poletti (che per altro si poneva come obiettivo di rendere più facile l’utilizzo dei contratti a tempo determinato), come invece afferma il comunicato. Più in generale, è bene ricordare che non è possibile valutare il successo o meno di una politica pubblica guardando solo alla variazione temporale, ma è necessaria una rigorosa valutazione econometrica. Per questo servono (micro)dati facilmente accessibili e una cultura della valutazione che ancora dobbiamo sviluppare o per lo meno rafforzare. Come diceva Laurence Peter, inventore del principio di incompetenza, «i fatti sono ostinati, ma le statistiche sono più flessibili».

Gianni Di Capua

 

 

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