Marcegaglia, RSU parolaia e Rischio licenziamento per 165 operai

Redazione di Operai Contro, il destino dell’impianto siderurgico Marcegaglia Buildtech di Sesto San Giovanni per la padrona è segnato. Lo scontro tra azienda e sindacati, che ha fatto saltare il tavolo, si è consumato sul terreno del trasferimento della produzione nella struttura di Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria. Il trasferimento era una presa in giro. A Pozzolo Formigaro ci sono esuberi. Ma il trasferimento serviva come ricatto: operai o accettate o vi licenziamo. La RSU cadde nel tranello e andò a vedere Pozzolo Formigaro. Tutti i membri della RSU erano solo dei parolai Dovevamo iniziare subito la lotta contro la chiusura della […]
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Redazione di Operai Contro,

il destino dell’impianto siderurgico Marcegaglia Buildtech di Sesto San Giovanni per la padrona è segnato.

Lo scontro tra azienda e sindacati, che ha fatto saltare il tavolo, si è consumato sul terreno del trasferimento della produzione nella struttura di Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria.

Il trasferimento era una presa in giro. A Pozzolo Formigaro ci sono esuberi.

Ma il trasferimento serviva come ricatto: operai o accettate o vi licenziamo.

La RSU cadde nel tranello e andò a vedere Pozzolo Formigaro.

Tutti i membri della RSU erano solo dei parolai

Dovevamo iniziare subito la lotta contro la chiusura della fabbrica.

Chiamati a votare la proposta in un contestatissimo referendum, i dipendenti hanno detto sì allo spostamento in Piemonte. Il ricatto di Marcegaglia era chiaro: accettate se no vi licenzio.

Ma non è bastato: la Rsu aziendale è decaduta e al momento non c’è nessuno che possa firmare un’eventuale intesa. E, in mancanza di un accordo, lunedì 16 partirà la procedura di mobilità per tutti i 165 addetti. Dopo 75 giorni, il gruppo guidato da Antonioed Emma Marcegaglia (neo presidente dell’Eni) chiuderà semplicemente i battenti dello stabilimento lombardo che produce lamiere e pannelli per l’edilizia.

Noi operai dobbiamo liquidare i parolai e occupare la fabbrica

Al centro della contesa c’è l’ipotesi di accordo firmata il 5 giugno nella sede di Arifl, agenzia di Regione Lombardia.

Durante l’incontro, i sindacati hanno chiesto all’azienda di garantire ai lavoratori che non accettassero il trasferimento la collocazione in una sede più vicina, come quelle di Corsico e Lainate, in provincia di Milano, di Lomagna (Lecco) o di Boltiere (Bergamo).

La società non ha fornito garanzie in questo senso e qui si è consumato lo strappo all’interno della Rsu aziendale.

Da una parte due sindacalisti Fiom Cgil, Diego La Torre e Massimiliano Limone, pronti a mettere da parte il pomo della discordia e discutere sugli altri aspetti del trasferimento.

Dall’altra Silvana Leo, delegata Fim Cisl, e il terzo rappresentante della Fiom, Massimiliano Murgo, non intenzionati a proseguire la trattativa senza maggiori certezze occupazionali.

La CGIL aveva accettato il trasferimento a Pozzallo ma voleva garanzie per gli operai che non volevano

Lo ripeto il trasferimento era una presa in giro.

Di fatto, la discussione è andata avanti e si è arrivati infine alla stesura di un’ipotesi di accordo, firmata però solo da La Torre e Limone.

L’intesa prevede un incentivo all’esodo di 30mila euro lordi e il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per chi non accetti il trasferimento. Per quanti invece fossero pronti a lavorare in Piemonte, l’azienda metterà a disposizione per due anni un servizio bus e un’incentivazione di 150 euro al mese, che diventeranno 250 per chi si sposterà con i propri mezzi.

Ma già all’uscita dall’incontro la Fiom prometteva battaglia ai suoi stessi delegati firmatari dell’intesa. “Quell’ipotesi di accordo non è valida – spiega Mirco Rota, segretario della Fiom Lombardia – perché è stata firmata da due soli delegati su quattro, mentre le decisioni della Rsu, secondo il testo unico sulla rappresentanza, devono essere prese a maggioranza”.

Legittimo o no, quel testo è arrivato all’assemblea dei lavoratori di lunedì 9 giugno. Una riunione cui la Fiom non ha voluto partecipare, non riconoscendo la validità dell’ipotesi di accordo. Il documento, tuttavia, è stato approvato da una maggioranza schiacciante: 119 sì contro 5 no, su un totale di 165 aventi diritto al voto. “La maggioranza dei lavoratori purtroppo è favorevole all’intesa – ragiona Silvana Leo della Fim – Ma l’azienda ha portato avanti un ricatto: ‘O accettate l’accordo o chiudo’. In realtà Marcegaglia non è in difficoltà economica, si tratta solo di una manovra per nascondere la volontà di licenziare”.

Ma nelle stesse ore in cui i lavoratori si apprestavano a decidere del futuro dello stabilimento, la Rsu si sgretolava. Il primo nome a sparire è stato quello di Massimiliano Murgo, che ha rassegnato le sue dimissioni. “In queste condizioni, i due delegati firmatari si assumono la responsabilità di condannare a morte i miei compagni di lavoro”, spiega il sindacalista, che negli ultimi tempi ha denunciato di aver ricevuto minacce e intimidazioni. A Massimiliano Limone, che ha firmato l’intesa, la Fiom ha invece revocato il suo mandato. “E’ un atto di difesa da parte dell’organizzazione – spiega Marcello Scipioni, segretario generale di Fiom Milano – Limone ha agito in modo palesemente contrario al sindacato cui è iscritto”.

Considerando che due settimane prima si era già dimessa un’altra delegata Fiom, Daniela Giussani, all’interno della Rsu sono rimaste solo due persone su cinque, La Torre (Fiom) e Leo (Fim). Secondo il testo unico sulla rappresentanza, se la delegazione perde la maggioranza dei suoi elementi questo ne determina la decadenza. Così la Marcegaglia Buildetch di Sesto San Giovanni è rimasta senza Rsu e senza nessuno che possa firmare l’accordo sul trasferimento. L’azienda ha invitato i sindacati per un incontro giovedì 12 giugno, ma sottolinea che questa è l’ultima settimana di cassa di integrazione ordinaria per i dipendenti. Il rischio è che lunedì 16 parta la procedura di mobilità. Poi, trascorsi 75 giorni, l’azienda potrà chiudere lo stabilimento lombardo. Per i lavoratori è cominciato un drammatico conto alla rovescia.

Operai il trasferimento a Pozzallo è una fregatura

Operai la buona uscita e la cassa servono solo alla Marcegalia per licenziarci.

Operai l’unica possibilità è quella di lottare

Un operaio della Marcegaglia

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2 Comments

  1. gino

    L’aver organizzato un referendum sotto il ricatto del padrone ” o trasferimento o chiudo “; l’aver scoperto che, ” t’oh guarda è scaduto il mandato delle Rsu “, non mi sembrano “accidentalità” impreviste, ma il frutto di un sindacalismo che va a braccetto con il padrone. Condivido la proposta dell’operaio Marcegaglia nel suo lucido sfogo: “Noi operai dobbiamo liquidare i parolai e occupare la fabbrica”.

  2. Sempar

    Gino ha ragione: se la fotografia della situazione è esattamente questa (e non c’è alcun motivo di dubitarne) quale altra soluzione si prospetta per gli operai? Inoltre, il padrone avrà già ben calcolato l’assenza di RSU così come sa bene che quello firmato è un accordo illecito…ma è l’unico che c’è!
    Urge assemblea con gli operai per spiegare che questi sono solo LICENZIAMENTI e in due ci hanno messo la firma.
    Coinvolgerne quanti più possibile portandoli dalla parte degli interessi operai ed organizzarsi pel la risposta. I tempi sono strettissimi.
    Solidali saluti da Pavia