CRONACHE DA POMIGLIANO

L’avvicinarsi della scadenza di luglio, quando cesserà la cassa integrazione per gli operai Fiat del centro logistico di Nola e per gli operai ex Ergom di Poggioreale, sta suscitando una ripresa della mobilitazione operaia. A Pomigliano il 26 aprile si tiene un corteo degli operai Ergom, a cui si aggiungono gli operai del “Comitato di lotta dei cassintegrati e licenziati Fiat di Pomigliano”, che raccoglie un gruppo di operai in forza a Nola. Lo spezzone del corteo Ergom è composto da un centinaio di partecipanti compresi i quadri sindacali. Si tratta sempre di un’iniziativa comune tra Fiom e gli […]
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L’avvicinarsi della scadenza di luglio, quando cesserà la cassa integrazione per gli operai Fiat del centro logistico di Nola e per gli operai ex Ergom di Poggioreale, sta suscitando una ripresa della mobilitazione operaia.

A Pomigliano il 26 aprile si tiene un corteo degli operai Ergom, a cui si aggiungono gli operai del “Comitato di lotta dei cassintegrati e licenziati Fiat di Pomigliano”, che raccoglie un gruppo di operai in forza a Nola.

Lo spezzone del corteo Ergom è composto da un centinaio di partecipanti compresi i quadri sindacali. Si tratta sempre di un’iniziativa comune tra Fiom e gli altri sindacati visto che sfilano bandiere Fiom a fianco di quelle della Uilm e della Fim-Cisl. Sicuramente questi sindacati, incalzati dai loro iscritti, hanno dovuto aderire per dimostrare che stanno facendo qualcosa e per alimentare così l’illusione, per chi ci crede ancora, che attraverso la concertazione si risolvano i problemi.

Lo spezzone del gruppo appartenente ai 316 di Nola, meno numeroso, si apre con uno striscione che dice “NO AL REPARTO CONFINO A NOLA – TUTTI I 316 IN FABBRICA A POMIGLIANO”. Tra i due spezzoni si accende subito la tensione. Agli operai del Comitato non va giù proprio la presenza delle bandiere di quei sindacati che stanno firmando tutto quello che impone la Fiat.

Da un lato abbiamo la costante pressione degli operai dell’Ergom nei confronti di Fim, Uilm e Fiom, pressione che da un lato evidenzia una certa autonomia degli operai ed anche il raggiungimento di un discreto grado di unità interno, ma che dall’altro lato mette in luce dei limiti profondi. In primo luogo, gli operai dell’Ergom finiscono con il legittimare il ruolo di Fim, Uilm, Fismic ed Ugl, che con gli accordi separati firmati a Pomigliano sono stati gli agenti di Marchionne fra gli operai. In secondo luogo, la pressione nei confronti delle centrali sindacali ha senso quando si accompagna ad una pratica di mobilitazione autonoma degli operai, che costringe i sindacati a rincorrere l’iniziativa operaia, ma se si limita, come avviene alla Ergom, a delegare poi ai sindacati la scelta della strategia e delle forme di lotta, allora si finisce col ridursi alla inattività o alle sole manifestazioni di facciata. L’esempio ultimo c’è dato dal proclamato blocco degli straordinari allo stabilimento di Pomigliano, destinato a restare lettera morta, dato che gli straordinari si fanno a prosieguo del turno di lavoro per cui, con il clima presente in fabbrica, nessuno ha il coraggio di praticarlo all’interno né è possibile bloccarlo dall’esterno. Il risultato è il solito nulla di fatto che serve solo a salvare la faccia ai sindacati.

Dall’altro lato, abbiamo una minoranza operaia combattiva ed agguerrita che si sta organizzando nel Comitato do lotta cassintegrati e licenziati FIAT, che agli operai dell’Ergom propone l’unità di lotta con i 316 di Nola perché solo attraverso l’unità degli operai e mettendo in campo azioni comuni nei confronti della Fiat è possibile risolvere i problemi, unità che va ricercata anche con chi oggi nella Fiat di Pomigliano viene massacrato sulla catena di montaggio. Il problema è che gli operai dell’Ergom ancora non hanno maturato l’idea che la lotta è per il reintegro di tutti a Pomigliano e si vince solo uniti con i 316 e gli altri cassintegrati.

Questa unità deve essere costruita e non può essere raggiunta solo con la giusta polemica contro UILM FIM FISMIC UGL a cui gli operai Ergom, anche se in modo strumentale, fanno ancora riferimento, ma bisogna perseguirla cercando di discutere direttamente tra operai su cosa fare e su quali obiettivi.

Questa situazione sfocia nella confusione che si è venuta a creare alla fine del corteo in Piazza Municipio, dove, secondo le intenzioni degli organizzatori, doveva tenersi un’assemblea per decidere il da farsi. Il gruppo del Comitato spinge all’ingresso del Municipio per ottenere un incontro urgente con il sindaco, una parte della Fiom cerca di tenere comunque l’assemblea, ma il resto dei sindacati ha fretta di sciogliere l’assembramento, perché teme si possa creare l’unità fra il comitato e gli operai Ergom. Si usa per questo la notizia che la Magneti Marelli (ex Ergom) ha inviato a circa 140 operai telegrammi di convocazione per riprendere il lavoro lunedì 29 aprile e guarda caso tra i convocati ci sono molti operai che partecipano attivamente ai blocchi e alle iniziative. La Cisl e la Fiom, appena inizia a serpeggiare la notizia, vogliono lasciare la piazza per recarsi fuori la fabbrica e ufficialmente per decidere come rispondere a questa chiamata dell’azienda, tra l’altro già a suo tempo annunciata dalla stessa azienda nella proposta d’accordo respinta dai sindacati. In verità qualcuno della Fiom, che dichiara di sapere già dal giorno prima di questi telegrammi, vuole l’assemblea per concretizzare l’iniziativa di lotta e per fare sì che non resti l’ennesima passeggiata ma tutta la Cisl e parte della Fiom, che evidentemente non vogliono discutere e non vogliono il confronto con quanto posto dal comitato, abbandonano la piazza. A dimostrazione che una delle principali preoccupazioni dei sindacati gialli è quella di tenere separata questa minoranza di operai combattivi dal resto degli operai dell’Ergom, viene reso pubblico il giorno dopo da Allocca, delegato Fim dei 316 di Nola, un vergognoso comunicato, a firma di Fim, Uilm, Fismic ed Ugl, che contesta la definizione del polo logistico come reparto confino (dimenticandosi che in occasione della deportazione a Nola degli operai più combattivi, tutti i sindacati proclamarono, almeno a parole, azioni di lotta) e che insinua che gli operai del comitato, conosciutissimi in fabbrica e nel reparto di Nola dai loro compagni di lavoro, siano invece estranei alla fabbrica. Non potendo confrontarsi sugli argomenti, i sindacati scelgono allora apertamente la strada della calunnia e della menzogna, sperando così di impedire la saldatura fra i vari spezzoni di operai di Pomigliano.

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